di Carmine Gazzanni
La polemica ha tenuto banco per tutto il fine settimana, specie sui social dove Roberta D’Alessandro, la ricercatrice italiana che si è trasferita in Olanda per vivere e lavorare, è diventa una vera e propria star dopo aver risposto per le rime a Stefania Giannini. Il ministro, infatti, aveva utilizzato facebook per esultare dopo il successo degli studiosi italiani all’European Research Council (“Colpisce il fatto che siamo primi per numero di ricercatrici che hanno ottenuto un riconoscimento. Complimenti ai nostri ricercatori e alle nostre ricercatrici!”). Un’esultanza, però, subito smorzata dalla ricercatrice: “Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati. La mia ERC e quella del collega Francesco Berto sono olandesi, non italiane. L’Italia non ci ha voluto”. Non c’è che dire: parole raggelanti per la Giannini, che non ha potuto far altro che girare le spalle e sgattaiolare con la coda fra le gambe.
DISINTERESSE NAZIONALE – Perché il punto è uno soltanto: nelle parole di Roberta si riconoscono tanti giovani fuggiti dall’Italia, si legge il rancore e l’incredulità di chi ha visto, nel corso degli ultimi anni, i finanziamenti pubblici per ricerca e innovazione tagliati di quasi il 90%. Una cifra surreale, talmente surreale che si fa fatica a crederci, se non fosse per quel piccolo dettaglio che è tutto vero. La sigla, che probabilmente a tanti non dirà nulla, è “Prin”. Parliamo dei Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale, progetti finanziati con soldi pubblici (e cofinanziati dall’Unione europea) e gestiti proprio dal ministero che fa capo alla Giannini. Poiché in alcuni anni i bandi Prin non sono stati emanati e poiché la loro copertura temporale è variata da due a tre anni, un gruppo di studiosi e scienziati (“Scienza in rete”) ha pensato bene di sbrogliare la matassa, calcolando per ogni anno il finanziamento effettivo, per rispondere a una semplice domanda: che strada hanno seguito i fondi pubblici negli ultimi anni? La risposta è disarmante. Perché se agli inizi degli anni 2000 venivano stanziati oltre 165 milioni di euro, ora il tutto si è ridotto ai 13 del 2014 e 2015, che saliranno a 30 (salvo modifiche o prelievi) quest’anno e nei prossimi. Andrà meglio analizzando i capitoli dei bilanci dello Stato? Ahinoi, niente affatto. E così, considerando solo gli ultimi 5 anni – dal 2008 a oggi – la spesa della missione “Ricerca e innovazione” è passata da 4 miliardi a 2,8. La spesa della missione “Istruzione universitaria” è scesa dagli 8,6 del 2008 a circa 7 miliardi.
UNA MONTAGNA FERMA – Qualcuno, allora, dirà: meno male che ci sono i finanziamenti europei. Già, peccato però che i lavori, per via della montagna di ricorsi al Tar, vengano spesso bloccati o, addirittura, nemmeno partano. I dati sono a dir poco incredibili. Per quanto riguarda i fondi europei del settennio 2007/2013 (il cui utilizzo è stato prorogato fino alla fine del 2015), scopriamo che c’è una mole incredibile di progetti approvati ma mai partiti. Tenetevi forte: sono ben 6.166. Un’enormità se si considera che per ognuno di questi progetti erano stati stanziati finanziamenti milionari. A Napoli, ad esempio, doveva nascere un “campus per progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale”. Ma i 20 milioni di euro stanziati, di fatto non sono mai stati utilizzati e il progetto è oggi fermo allo 0%. A Brindisi, ancora, era stato approvato un progetto per lo “sviluppo di tecnologie innovative nel campo del solare a concentrazione”, per una spesa di 10 milioni di euro. Fa ridere oggi leggere che, secondo le previsioni, i lavori sarebbero terminati entro il 30 giugno 2015. Ma tra gli oltre seimila progetti mai partiti, ne troviamo anche di colossali, come quello patrocinato direttamente dal Miur per “rafforzare e valorizzare l’intera filiera della ricerca”. Un progetto, dunque, per creare rete tra i vari progetti che prevedono “utilizzo di nuove tecnologie e servizi avanzati”. Costo del progetto: ben 99 milioni di euro. Ma non ne è stato speso nemmeno uno. I lavori, anche in questo caso, non sono mai partiti. Aspettiamo. Come Estragone e Vladimiro in “Aspettando Godot”.
Twitter: @CarmineGazzanni