Annacuccù annacuccù chi mette mo non mette più, cavallo rosso cavallo bianco chi acchiappa acchiapperààà. Tutto parte da una filastrocca, forse il modo migliore e più incisivo per offrire uno spaccato reale e realista del mondo che si vuole tratteggiare. Le filastrocche, d’altronde, nascono dalle radici della nostra storia, delle nostre tradizioni, della nostra cultura. Sono quanto di più vero, atavico e per questo feroce ci rappresenti. Primo Di Nicola non ha bisogno di presentazioni (oggi senatore, fino a ieri giornalista d’inchiesta prima a L’Espresso e poi al Fatto Quotidiano, dunque direttore del Centro). E così come ogni sua inchiesta al tempo scavava fino in fondo per non lasciare nulla al caso, oggi con Annacuccù (Castelvecchi, pagg. 240) regala un romanzo incredibile, dalla forza umana e sociale che riporta alla mente capolavori del “realismo degli umili”, senza mai cadere nel manierismo.
Al centro della vicenda c’è un paese, Riosogno, che non esiste ma che esiste. Non è reale ma è più reale di quanto si pensi. Il racconto si interseca tra la dimensione soggettiva del protagonista – Cosmo, un bambino di 11 anni che non conosce la resa e arde di riscatto – e quella corale – del paese, della famiglia, degli amici. Il ritmo incalzante non cede mai il passo alla noia, anche grazie alla carica intima del racconto affidata al diario di Cosmo, a cui il protagonista affida i drammi e le vicende di Riosogno. Ed è questo ciò che caratterizza questo libro: esattamente come accadeva con i Malavoglia di Giovanni Verga, le vicende intime dei personaggi (il rapporto con la mamma e con i nonni, l’intimità con Luce, l’amicizia con Maggio e Ardo) sono solo lo strumento per tratteggiare un quadro più ampio.
E così man mano, scorrendo le pagine, sono le vicende di Riosogno a diventare protagoniste non solo del libro, ma della vita degli stessi personaggi. E tutto a causa delle prepotenze di Isso, sindaco-padrone di Riosogno, che con i suoi “accostati” si rivela protagonista di ogni sorta di ingiustizia. Ed è in questo intreccio di umanità che due eventi sconvolgeranno la vita di Riosogno. Forse per sempre. Fino al riscatto. Quel riscatto cercato, tentato e mai impossibile. Oggi con “Annacuccù” sentiamo meno lontane le stagioni di Verga pprima e di Ignazio Silone poi (cui questo romanzo è stato accostato). Con un risvolto concettuale, forse, ulteriore. Perché l’immobilismo non è mai un vangelo.