Con una mano il governo eroga i fondi ai Comuni per la realizzazione di opere pubbliche. E poi dall’altra provvede a revocare gli affidamenti. Il motivo? Il mancato rispetto dei troppi paletti fissati. Così l’eccesso di burocrazia diventa un ulteriore fardello per le amministrazioni locali. Un cortocircuito all’italiana con un risultato disastroso per i Comuni che si erano impegnati a portare avanti dei lavori finanziati dallo Stato.
La revoca dei fondi ai Comuni
Qualche settimana fa, migliaia di primi cittadini hanno ricevuto una “letterina” da parte del ministero dell’Interno che minaccia di riprendersi le risorse. Anche se dopo è arrivata una sorta di rettifica. La vicenda, oltremodo ingarbugliata, è finita così all’attenzione della Camera con una serie di interrogazioni, da Leu alla Lega, per chiedere un intervento alla ministra Luciana Lamorgese. Ma di cosa si parla?
La Legge di Bilancio del 2019, quella firmata dal governo gialloverde, ha istituito un fondo di 500 milioni di euro per sostenere vari progetti. Gli ambiti di intervento sono molteplici: “Efficientamento energetico”, compresi interventi sull’efficientamento “dell’illuminazione pubblica”, ma anche “risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica”. E ancora: erano incluse iniziative relative all’installazione “di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili” e allo “sviluppo territoriale sostenibile”.
I Comuni hanno potuto poi presentare richieste di finanziamenti per “interventi in materia di mobilità sostenibile, per l’adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale” e, dulcis in fundo, “per l’abbattimento delle barriere architettoniche”. Secondo quanto stabilito dalla norma, poi, i contributi sarebbero arrivati dal Viminale, dopo aver ottemperato a una serie di controlli e mediante un sistema di monitoraggio.
Migliaia di amministrazioni locali non sono riuscite a rispettare i parametri
E qui arriva il nodo che ha armato la mano del governo: il meccanismo è talmente stringente, che migliaia di amministrazioni non sono riuscite a rispettare i parametri. Così la direzione per la finanza locale del Ministero dell’Interno ha fatto partire gli avvisi per il procedimento di revoca, perché effettivamente alcuni dei parametri non sono stati rispettati. Il documento ha riguardato circa 4mila Comuni e in totale 4.800 opere finanziate.
Le contestazioni rivolte agli enti sono quelle di aver avviato le opere oltre i termini previsti, di non aver provveduto ad utilizzare nei termini previsti il finanziamento concesso. Ma pure di non aver impiegato parzialmente il finanziamento concesso o di non aver proceduto al corretto inserimento dei dati nel sistema di monitoraggio previsto per la rendicontazione. Mancanza di fronte alle quali è scattata la mannaia ministeriale. Certo, poi c’è stato un parziale ravvedimento con un comunicato che ha corretto la rotta, perché sosteneva si trattasse di una richiesta di integrazione della documentazione. Ma agli atti resta un iter, tecnicamente, avviato.
“È stata una sorpresa per tutti i sindaci che hanno ricevuto la lettera”, dice a La Notizia il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro, che ha presentato un’interrogazione per chiedere un chiarimento e soprattutto una maggiore flessibilità del Viminale. “I Comuni – aggiunge il parlamentare di Liberi e uguali – sono in difficoltà per la carenza di personale. Tra la partecipazione ai bandi del Pnrr e le pratiche del Superbonus, gli uffici tecnici sono sommersi, visto che molte professionalità sono andate in pensione e non sostituite”.
Quindi, conclude Fornaro, “sarebbe auspicabile un comportamento comprensivo da parte del Ministero. Se ci sono tanti Comuni in questa situazione, non si può pensare che sia colpa di enti ritardatari o inadempienti. La questione è andata oltre la barriere partitiche. Anche Forza Italia si è attivata sulla vicenda, con la deputata Claudia Porchietto: “È stato uno schiaffo ai Comuni più piccoli che erano disperati di fronte alla comunicazione. Nessuno gli aveva chiesto informazioni e dettagli aggiuntivi rispetto a quelli che erano stati prodotti”, spiega.
“Alcuni Comuni – aggiunge la parlamentare – hanno riferito che riuscivano a caricare la documentazione sulla banca dati”. E comunque, a chiudere il cerchio, c’è un ragionamento: “Stiamo parlando di enti che cercano in tutti i modi di sopperire alla mancanza di personale. Di fronte a questa constatazione non è possibile che il Ministero avvii l’azione di revoca”.