L’ha scritto perfino il giornalista de Il Foglio Luciano Capone, non certo una penna avversa a Matteo Renzi e al cosiddetto Terzo polo: “Vedo molti vicini al Terzo Polo scatenarsi sulla vicenda del Qatar, che coinvolge la sinistra. – ha scritto Capone -.
Matteo d’Arabia non viola alcuna legge. Però loda chi calpesta i diritti umani
Al netto dell’aspetto giudiziario, se c’è reato o meno si vedrà, dal punto di vista politico non sarebbe molto diversa da Renzi con l’Arabia Saudita: soldi a fronte di una buona parola”. Sul gigantesco scandalo che coinvolge l’Europarlamento e che vede importanti esponenti del centrosinistra italiano coinvolti (come l’ex eurodeputato Antonio Panzeri) si stanno scatenando tutti.
È perfino naturale: il gioco della politica prevede l’assunzione delle proprie responsabilità di fronte agli scandali e che a farsi corrompere per spendere buone parole sul Qatar (che coi diritti umani ha più di qualche problema) sia chi di diritti umani ne ha fatto una bandiera rende la reazione fin troppo facile. Si scatena la destra che sull’avversione al “buonismo” ha costruito il proprio impianto elettorale, si scatenano il Terzo Polo che critica la presunta “superiorità morale” sfoggiata alla sua sinistra e i partiti che guadagnano logorando quella coalizione.
Poi, ieri, comodamente seduto come ospite alla trasmissione Omnibus, ha deciso di prendere parola anche il senatore di Italia Viva Matteo Renzi che non è riuscito a trattenere il suo irrefrenabile gusto di demolire il Pd: “Io sono una persona onesta e pulita – ha detto -. Io non vado a vendere le armi in Colombia (con un riferimento a Massimo D’Alema, nda), io non ho garantito ventilatori cinesi malfunzionanti (riferendosi a Giuseppe Conte e Domenico Arcuri, nda) e soprattutto io non sono quella sinistra con la doppia morale, perché quelli che sono i protagonisti dello scandalo” cosiddetto Quatargate “sono quelli che sono venuti via dal Pd dicendo che io non rispettavo i valori della sinistra.
Quali sono i valori della sinistra di questi signori? I borsoni con i contanti? Sono valori anche quelli…”. Una considerazione immediata: che Renzi riesca a infilare tutti i suoi avversari politici in ogni suo discorso, su qualsiasi vicenda, di ogni ambito, è una caratteristica che qualcuno registra come un talento ma che ha a che vedere più con l’ossessione.
Ma andiamo avanti, perché che la morale sia fatta da un senatore italiano nonché leader di partito nonché ex presidente del Consiglio che presta la sua opera di “consulenza” a un altro Paese con evidenti problemi di diritti e democrazia come l’Arabia Saudita è qualcosa che ricorderemo a lungo. Dice Renzi che il suo ruolo è “cosa diversa da chi prende soldi per cambiare la propria opinione”.
Qui siamo alla metempsicosi: secondo Renzi è scontato che Panzeri e soci non possano avere idee positive sul Qatar ma allo stesso tempo – notate l’astuzia – ritiene naturale essere convinti della splendente democrazia del principe bin Salman. Ci fosse un giornalista con appena un po’ di nerbo gli potrebbe chiedere che differenza ci sia tra gli operai sfruttati morti per costruire gli stadi da calcio e il sistema della “kafala” del suo principe amico Mohammad bin Salman che ha pagato due euro all’ora con turni massacranti per montare il circo della Formula 1 che è sbarcato quest’anno in Arabia Saudita.
Ancora: “Se mi dicono che chi fa il parlamentare non può fare altro va bene. Basta che ci siano regole uguali per tutti”, dice Renzi. Qui la risposta migliore è del suo alleato Carlo Calenda, prima che perdesse la lingua su questo punto: “Ritengo inaccettabile – scrisse Calenda il 29 gennaio del 2021 – che un senatore della Repubblica, pagato dai cittadini, vada in giro per il mondo a fare il testimonial di regimi autocratici dietro pagamento di lauti compensi. Prendere soldi da governi di Paesi stranieri mentre eserciti ancora un’attività politica è inaccettabile. E sono per primi i liberali a doverlo dire con nettezza. Si tratta di una cosa semplicemente immorale e pericolosa”.
È un concetto immediato, facile facile. Non esiste una regola che vieti ai parlamentai di ubriacarsi nei bar sotto al Parlamento, eppure sarebbe un comportamento sconveniente. Anzi, in quel caso almeno non ci morirebbe nessun sfruttato. Torniamo al concetto espresso dal giornalista Capone: “Al netto dell’aspetto giudiziario” siamo di fronte alla “buona parola” in cambio di soldi. E qui sento già qualcuno bisbigliare: “Quindi state mettendo a confronto le due situazioni?”.
Facciamo rispondere sempre il giornalista de Il Foglio Capone, senza scomodare giornalisti considerati antirenziani: “Farsi pagare da regimi non democratici per parlarne bene è un problema in sé, a prescindere dall’aspetto legale. Se avviene commettendo un reato è ovviamente molto peggio, ma al momento non abbiamo ancora sentenze”, spiega Capone a chi avanza questo dubbio. Renzi però reclama di fare tutto alla luce del sole e con pagamenti regolari. Vero.
Anche qui risponde la firma de Il Foglio: “Quello è un aspetto che differenzierebbe la parte legale, se cioè c’è reato o meno. Ma dal punto di vista politico la strategia di coinvolgere politici occidentali, anche attraverso benefici economici, per parlare bene chiudendo un occhio sui diritti è la stessa”. Come disse Riccardo Noury, presidente di Amnesty International, dopo la presenza di Renzi come “conferenziere” a “Davos nel deserto”, un forum in cui economisti, analisti ed esponenti politici si confrontano, per parlare bene di Arabia Saudita: “Il punto non è andare o non andare, il punto è andare e fare dei salamelecchi”. Ci vuole credibilità per affrontare certi argomenti. Caro Matteo, lascia perdere.