Patti chiari e amicizia lunga: se il premier Giuseppe Conte non dovesse prendere in considerazione le proposte di Italia Viva sulla gestione dei fondi del Next generation Eu in arrivo dall’Europa e una serie di punti, come la delega dei servizi segreti o il ricorso al Mes “le ministre Teresa Bellanova e Elena Bonetti e il sottosegretario Ivan Scafarotto si dimetteranno”. Su questo Matteo Renzi è esplicito: “Se non c’è l’accordo è evidente che faranno senza di noi”. Archiviata dallo stesso premier l’idea di una task force composta da 6 manager e 300 esperti per gestire i 209 miliardi del Recovery, la vera partita si gioca su tre fronti. Nella conferenza stampa organizzata ieri in Senato, Renzi – che proprio sul fronte della struttura di gestione dei soldi nelle ultime settimane aveva puntato i piedi – ha presentato il progetto di Italia Viva per il Recovery Plan, annunciando che il ministro Gualtieri ospiterà domattina la delegazione di Iv in cui verranno presentati 61 punti sui quali il partito non è d’accordo rispetto alle 133 pagine della bozza del Piano nazionale di ripresa. Il senatore di Rignano sull’Arno rissume le linee guida nell’acronimo “Ciao” (Cultura, Infrastrutture, Ambiente, Opportunità) e afferrma: “Dobbiamo partire da queste quattro voci. Con un filo rosso che lega, che è il lavoro”, un progetto contrapposto più che integrativo al piano di Conte su cui Renzi chiede di “cambiare passo e fare un salto di qualità perchè allo stato il testo elaborato è molto deludente. è una questione da risolvere in queste settimane, non si può tirare troppo per le lunghe”. E subito dopo tira in ballo il secondo fronte caldo: quello che ruota intono alla richiesta del Mes sanitario “Noi non torniamo indietro. A chi dice che i denari del Mes sono condizionati, diciamo che quelli del Recovery hanno condizioni più stringenti. è vergognoso che si stia ancora a discutere di Mes, è un tema ideologico in un paese dove le persone muoiono. I 36 miliardi dell Mes servono”. Altro punto su cui Renzi non intende fare sconti, e lo dice, chiaramente sono gli investimenti sulle infrastrutture: “Nel piano ci sono almeno altri 27 miliardi da sbloccare”, e ancora: “L’Italia è cambiata col Frecciarossa, è diventata più unita. Con l’alta velocità abbiamo una metropolitana di superficie. L’unico vero attacco al governo l’ha fatto quella forza politica che non ha voluto votare il parere sull’alta velocità e si chiama M5s non Iv. Non stiamo complottando noi contro il governo ma chi dice ‘no’ all’alta velocità”. Tira in ballo il “complotto” Renzi, ma in effetti nelle sue intenzioni non sembrerebbero esserci un governo Draghi di unità di nazionale e men che mai, per ovvi motivi, le elezioni, ma un rimpastino, con la rivendicazione (oltre alla riconferma della Bellanova all’Agricoltura) di un ministero di peso. Guarda caso uno di quelli nel mirino è proprio il dicastero delle Infrastrutture (l’altro potrebbe essere la Difesa ma Guerini è ben più al riparo dalla tempesta rispetto alla De Micheli che certo non ha brillato nell’incarico). E alla fine si arriva al terzo punto cruciale: la delega (in mano a Conte e a cui non vuole rinunciare) ai servizi segreti. “Noi non vogliamo che si facciano scherzi su intelligence e servizi segreti e chiediamo al presidente del Consiglio che li affidi a una persona terza. Noi non torniamo indietro su questo”. E col Mes sono già due punti le questioni su cui Renzi esclude il dietrofront. Due punti “pesanti”, su cui, rispettivamente, il Movimento 5Stelle (uno dei due partiti numericamente più rilevanti in Parlamento a sostegno dell’attuale esecutivo) e il premier si giocano la faccia.
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