Nessuno sconto fedeltà. A pagare il conto saranno anche i renziani. Dal vicesegretario Debora Serracchiani al deputato Ernesto Carbone. Passando per la orfiniana Valentina Paris. Matteo Renzi sta preparando un drastico cambiamento nella dirigenza dem. Con lo scopo di arrivare alla direzione nazionale di venerdì con un quadro molto più chiaro. E dando allo stesso tempo un segnale di apertura alla sinistra del partito. Il lanciafiamme evocato dovrebbe finire nello scantinato, almeno per qualche giorno. Anche perché la minoranza ha avviato il confronto per mettere sul tavolo una richiesta definita. E, sebbene non ci siano conferme ufficiali, la decisione sembra presa: a Renzi saranno chieste formalmente le dimissioni da segretario. “C’è bisogno che qualcuno abbia cura del partito”, ha detto Pier Luigi Bersani, rompendo l’iniziale silenzio post elettorale. E le sue parole fanno il paio con quelle di Roberto Speranza. Ma l’unica risposta che può arrivare è quella di un vicesegretario unico con maggiori poteri.
IDENTIKIT
Renzi sta vagliando alcune delle possibili scelte: una è quella della continuità con Lorenzo Guerini “promosso” come vice senza essere al fianco la Serracchiani. La mossa avrebbe una sua logica, ma non darebbe il senso del cambiamento. Un’altra idea è quella di un nome forte, un big renziano, come Maria Elena Boschi, supportata dal tesoriere Francesco Bonifazi. Ma il passaggio sposterebbe gli equilibri nel Giglio Magico, perché il sottosegretario alla presidenza, Luca Lotti, si sentirebbe scavalcato. Per questo il “coniglio dal cilindro” potrebbe essere il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, leader della corrente “Sinistra è cambiamento” indicata come “minoranza dialogante”. Il commento di un esponente della sinistra dem è però tranchant: “Non esiste una minoranza dialogante. Di fatto è nella maggioranza del partito”. A favore di Martina, ex segretario regionale in Lombardia, depone il successo di Beppe Sala a Milano, di cui il ministro è stato indicato come grande regista. Il ruolo sarebbe quello di raccordo con i bersaniani, a cui sarà offerto un “ramoscello di ulivo” con l’offerta a Vasco Errani, vero e proprio braccio destro di Bersani fresco di assoluzione dal processo che lo riguardava, di un ruolo di primo piano.
ROTTAMATI
Nella segreteria del Partito democratico saranno sostituiti alcuni renziani di comprovata fede. In cima alla lista c’è la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, vicesegretario reduce dal disastro elettorale a Trieste. Già dopo il primo turno il suo nome era tra quelli inseriti nella blacklist: sul suo conto, oltre alle sconfitte subite alla comunali, c’è anche una gestione poco convincente della comunicazione. Nelle sue apparizioni televisive ha cercato giri di parole per giustificare il ko. Una strategia che non era in linea con la “narrazione” di Renzi, più propenso ad ammettere il risultato negativo. Un altro fedelissimo del segretario come Carbone perderà il posto in segreteria: paga in gran parte la responsabilità dei #ciaone rivolto agli avversari sconfitti dal referendum anti-trivelle. In ribasso pure le quotazioni di Emanuele Fiano. Infine, sotto processo è finito anche Matteo Orfini e la sua corrente dei Giovani Turchi. La sacrificata sarà quindi Valentina Paris.