di Gaetano Pedullà
La campagna elettorale è cominciata. Con Matteo Renzi che suona la carica da una parte e Guglielmo Epifani che prova a trattenere i suoi elettori dall’altra, rassicurando sul Corriere della Sera che la legalità (cioè l’espulsione dal Senato di Berlusconi condannato) viene prima di tutto, anche della sopravvivenza stessa del governo. Nel Centrodestra il volo delle colombe è in picchiata su tutta la linea. Nessun salvacondotto dal Quirinale, nessuna cima lanciata in soccorso del leader, che per far contenta la Sinistra dovrebbe rassegnarsi a uscire di scena senza colpo ferire. Certificare il fallimento di quella rivoluzione liberale per cui era sceso in campo e finire i suoi giorni da galeotto ai domiciliari o in prestito ai servizi sociali. Non bisogna conoscere il Cavaliere così tanto da vicino per immaginare che non sarà questo l’epilogo di tutto. I falchi alzano ogni giorno di più le penne e nell’ultimo vertice a Palazzo Grazioli si è parlato apertamente di voto anticipato. Urne che sarebbero sicuramente inopportune, come ricordano un giorno sì e l’altro pure Napolitano e Letta, se le cose andassero come il governo prova a illuderci che vadano. Le ultime sparate del premier e del suo ministro dell’economia Saccomanni sulla fine della recessione hanno lasciato agli italiani più la sensazione di una presa in giro che la speranza di una veloce uscita dalla crisi. Come vanno le imprese, il clima di fiducia tra i consumatori, il dramma della disoccupazione lo vediamo tutti, e non è il film che vuol venderci Palazzo Chigi. Dunque la campagna elettorale a bassa intensità che stiamo vivendo dal giorno dopo le ultime elezioni inizia ad alzarsi di livello. Il sindaco di Firenze alla Festa democratica di Bosco Albergati, in Emilia, ieri ha provocato apertamente Letta: il Pd ha sbagliato troppi rigori, e il rinvio del disegno di legge su soldi ai partiti è un autogol. Non è l’unico. Al Quirinale non serve mettere l’apparecchio Amplifon per sentire dove si sta andando a parare.