Luigi Marattin ha finalmente deciso di abbandonare il Titanic di Italia Viva, portando con sé un centinaio di dirigenti territoriali. Una vera e propria Waterloo per il partito personale di Matteo Renzi, che si vede abbandonato persino da chi, fino a ieri, ne cantava le lodi.
Il motivo? Una svolta a sinistra troppo repentina, imposta dal capitano senza consultare l’equipaggio. “Non condividiamo la decisione di entrare nel campo largo”, tuona Marattin, come se fino a ieri non avesse notato la rotta zigzagante del suo ex leader. E aggiunge, con una punta di amarezza: “Una scelta del genere avrebbe dovuto essere presa in un Congresso”.
Ah, la democrazia interna, concetto sempre alieno in casa Renzi, dove la base e i dirigenti vengono esibiti di solito per amplificare gli applausi. Ma il bello viene dopo. Marattin annuncia la nascita di “Orizzonti liberali”, l’ennesima associazione-non-partito-ma-forse-sì che dovrebbe salvare l’Italia. Perché si sa, nel circo della politica italiana, non c’è nulla di più liberale che cambiare casacca ogni due per tre.
E Renzi? L’eterno Houdini della politica italiana si ritrova ancora una volta a fare i conti con la sua più grande illusione: la lealtà dei suoi seguaci. Mentre gli altri abbandonano la nave lui si affanna a raccattare briciole di consenso alla festa dell’Unità – passando in tre mesi dal “il Pd è finito” al “non massacrate Schlein” con la disinvoltura di un contorsionista.
Eppure, nonostante tutto, il nostro eroe non si arrende. Come un giocoliere che ha perso tutte le palline continua imperterrito il suo show, convinto che prima o poi qualcuno tornerà ad applaudire. Ma la verità, caro Matteo, è che il pubblico se n’è andato da un pezzo. Manca solo il sipario.