Gestire un’emergenza sanitaria non è un gioco da ragazzi, si sa. Forse, però, a due anni di distanza dall’inizio della pandemia ci si aspettava qualcosa di più dal governo Draghi. Non fosse altro perché arrivato in pompa magna, con uno schieramento di forze straordinarie e soprattutto con l’arrivo dei vaccini. I giornali parlavano di un premier che “ha salvato l’Europa dalla rovina economica” e che avrebbe dovuto “salvare anche l’Italia”.
E invece ci troviamo ancora a fare i conti con il virus e con misure che gli italiani fanno fatica a comprendere. Secondo il sondaggio Euromedia Research per La Stampa, infatti, oltre il 60% degli intervistati ritiene “non chiare” le indicazioni del governo su quel provvedimento. Alessandra Ghisleri, che dirige l’istituto, sottolinea che “gli italiani sono stati piuttosto stupiti dalla rapidità con cui sono tornati a crescere i contagi nel nostro Paese”.
E a rimetterci non è tanto la fiducia nei vaccini e nella loro efficacia, ma il “totale cambiamento rispetto all’approccio risolutivo di un anno fa, quando il vaccino era ancora solo per pochi eletti” scrive Ghisleri. “Si è attribuita – continua a spiegare – una fiducia nel combinato vaccino-Green Pass-distanziamento e mascherine. Un trend positivo che è durato per alcuni mesi, anche con i complimenti delle istituzioni internazionali. Fino ad autunno inoltrato il governo ha sempre preso iniziative risolute per arginare la pandemia, eppure una nuova variante arrivata dal Sud Africa ha messo in crisi tutte le certezze”. Insomma la sensazione nei cittadini è che stiamo punto e capo.
BOCCIATURA SENZA APPELLO. Ma anche la Fondazione Gimbe ritiene che la politica sanitaria del governo Draghi lasci un po’ a desiderare. “Le elevate coperture vaccinali – dichiara il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta – ammortizzano in maniera rilevante l’impatto della circolazione virale sui servizi ospedalieri. Tuttavia, l’enorme quantità di nuovi casi in continua crescita sta progressivamente saturando gli ospedali sia perché incontra una popolazione suscettibile troppo numerosa (2,2 milioni di 0-4 anni non vaccinabili, 8,6 milioni di non vaccinati e oltre 15 milioni in attesa della terza dose)”, sia, “in misura minore”, per la capacità delle variante Omicron di bucare le difese immunitarie fornite dal vaccino.
Nella settimana dal 3 al 9 gennaio 2022, riporta il monitoraggio (leggi l’articolo), ci sono stati 483.512 nuovi vaccinati, +62,1 per cento rispetto ai 298.253 della settimana precedente. L’aumento ha però riguardato in particolare la fascia 5-11 anni (+53,3 per cento) e quella 12-19 (+65,5 per cento), “mentre la recente introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 al momento non ha sortito grandi effetti, visto che in questa fascia anagrafica i nuovi vaccinati sono solo 73.690“.
Insomma questo obbligo ha fatto un buco nell’acqua. Numeri alla mano all’11 gennaio – spiega Gimbe – rimangono 8,61 milioni di persone senza nemmeno una dose di vaccino: 2,98 milioni appartengono alla fascia 5-11 anni, oltre 800mila alla fascia 12-19 e 2,21 milioni sono over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione. “Ci troviamo in una fase estremamente critica della pandemia – conclude Cartabellotta – in cui distorte narrative ottimistiche appannano l’insufficienza delle misure per rallentare la curva dei contagi e sottovalutano i rischi per la salute delle persone e per l’economia del Paese.
L’ingente numero di nuovi casi sta determinando la progressiva saturazione degli ospedali, con limitazione degli interventi chirurgici programmati e la riduzione delle capacità assistenziali, anche perché il personale sanitario è ormai allo stremo. In secondo luogo, l’enorme numero di persone positive sta progressivamente paralizzando numerosi servizi essenziali. Infine, a meno di “iniezioni” di posti letto dell’ultim’ora o di modifica dei criteri per classificare i pazienti Covid ospedalizzati, entro fine mese numerose Regioni andranno in zona arancione e qualcuna rischia la zona rossa”.
Come se non bastasse, non si può imporre l’obbligo vaccinale senza un’adeguato chiarimento dei rischi, anche per questo dovrebbe essere “temporaneo”. Lo ha detto il direttore esecutivo del programma di emergenza dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Mike Ryan, secondo cui l’obbligo della vaccinazione dovrebbe essere “chiaro, esplicito e limitato nel tempo“, oltre che “accompagnato da un’appropriata comunicazione e chiarimento dei rischi“. Questo perché anche l’Oms, spiega, “considera l’obbligatorietà come l’ultima spiaggia“.