Un decreto in odore di propaganda. Così era stato definito l’intervento per ridurre le liste d’attesa promesso dal governo in piena campagna elettorale per le europee. Se ci fossero stati ancora dubbi sul contenuto del decreto in tema di sanità, ora sono stati dissipati persino da chi fa parte della stessa maggioranza che quelle norme le ha introdotte.
Le Regioni, infatti, hanno bocciato senza appello il provvedimento. Tutte le Regioni – con l’unica eccezione del Lazio – comprese quelle guidate dalla destra, la maggioranza peraltro. La spiegazione la fornisce il presidente del Friuli-Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga: l’articolo 2 del decreto deve essere almeno riformulato. Nessun dubbio da parte degli enti locali, che sposano la linea della Lega ma anche quella delle opposizioni. Così come lo fanno sulle risorse, quasi nulle, previste per ridurre concretamente le liste d’attesa. Problema non di poco conto, con un Servizio sanitario nazionale che, come sottolineano le stesse Regioni, continua a essere sottofinanziato.
Liste d’attesa, le ragioni delle Regioni
“Condividiamo l’obiettivo di combattere le liste d’attesa, è una priorità delle Regioni e non solo del governo”, spiega Fedriga. Ma le vedute restano diverse e quindi “ci auguriamo che nella conversione del decreto si possa giungere a un’intesa”. Intesa che per ora non c’è sulla riformulazione dell’articolo 2, che secondo Fedriga lede “le competenze” regionali: la richiesta è di modificare il testo con un emendamento “che crei nuclei di controllo e valutazione all’interno delle singole Regioni”.
Il contrario di quello che è previsto oggi, con i controlli che possono essere effettuati dal ministero della Salute sul raggiungimento degli obiettivi, con la possibilità di ispezioni e sanzioni anche per i direttori generali delle Asl, scelti dai presidenti di Regione. Che vorrebbero creare dei nuclei di controllo e valutazione regionali al posto delle verifiche anche di polizia giudiziaria da parte del ministero.
Proprio questa formula, secondo Fedriga, crea “notevoli problemi”, a partire dal rischio di una “confusione delle competenze istituzionali”. Da qui la riformulazione consegnata al governo “in una logica di assoluta alleanza istituzionale e lealtà collaborativa”. Che per ora, però, non vuole sentire ragioni: “Non abbiamo avuto una risposta positiva”, dice il presidente della Conferenza. Lamentando anche la mancanza di risorse, mentre le Regioni sottolineano di non essere in condizione di finanziare misure aggiuntive per tagliare le liste d’attesa, non avendo fondi sufficienti.
La Lega e le opposizioni si uniscono alla battaglia
Le Regioni hanno già trovato la sponda della Lega, che vuole cancellare l’articolo 2 come proposto dal capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo. Posizioni proprie anche delle opposizioni, che si accodano alla battaglia delle Regioni come fa Nicola Fratoianni, di Alleanza Verdi-Sinistra: “La bocciatura del governo governativo è la conferma di quello che sosteniamo da tempo, l’avevamo detto che era solamente una trovata elettorale e propagandistica. Ora la bocciatura è venuta dai presidenti di Regione, che sono in maggioranza della loro parte politica. Arrivati a questo punto dovrebbero solo annunciare il ritiro di questo provvedimento, chiedendo scusa agli italiani”.
Provvedimento che, appunto, è servito soprattutto a scopo elettorale, pur avendo risorse molte esigue a disposizione. Per Anna Ascani, vicepresidente della Camera ed esponente del Pd, quello che sta succedendo dimostra che il governo è “lacerato” e “senza idee”, procedendo “a fari spenti nella notte”. L’esponente dem sottolinea che “sprofonda nel più totale fallimento il tanto strombazzato decreto per abbattere le liste d’attesa nella sanità pubblica”.