Un’altra giornata con oltre 20 mila nuovi contagi, 21.994 per l’esattezza. Ora i riflettori non possono che esser puntati, come mesi fa, sulle terapie intensive e sul loro potenziamento. Un tema al quale l’associazione Openpolis ha dedicato un ampio e dettagliato dossier. Stando alle ultime dichiarazioni del Commissario all’emergenza, Domenico Arcuri, se i conti sui posti letti attrezzati non tornano non è di certo colpa del governo: “Pre-crisi, avevamo 5.179 posti letto in terapia intensiva. Abbiamo distribuito 3.109 ventilatori e oggi dovremmo avere 8.288 posti attrezzati. Invece ne abbiamo 6.628: ne mancano 1.600. Giorni fa ho chiesto alle Regioni dove sono quei ventilatori e quando attrezzeranno quei posti letto.” In questi casi, si sa, lo scaricabarile è una soluzione a cui ricorrono in molti. Del resto il tema viene posto in termini di scomparsa dei ventilatori. Ma facciamo un passo indietro.
GESTIONE COMMISSARIALE. Il governo a maggio ha stabilito con decreto legge quasi un raddoppio dei posti di terapia intensiva. Le risorse per il potenziamento dei posti sono gestite dal commissario straordinario, che può delegare i presidenti di regione. Ed è qui che sta l’impasse. Secondo la piattaforma di Analisi distribuzione aiuti della struttura commissariale risulta che tra l’inizio della crisi e il 9 ottobre sono stati distribuiti 3.109 ventilatori per la terapia intensiva e 1.429 per la terapia sub-intensiva, in linea con quanto dichiarato dal commissario straordinario. C’è da dire anche che oltre il 90 per cento dei ventilatori polmonari è stato consegnato nei primi 2 mesi dell’emergenza. I posti letto, però, per essere operativi non hanno bisogno solo dei macchinari, ma anche e soprattutto di personale sanitario.
Secondo il report dell’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari l’incremento del numero di posti letto in terapia intensiva e quello degli anestesisti non sono andati di pari passo. Infatti, ad oggi, sono 1,6 gli anestesisti e rianimatori per posto letto. Prima dell’emergenza sanitaria erano 2,5. Con il decreto cura Italia viene stabilito, dunque, un aumento del finanziamento statale del fabbisogno sanitario: 1,4 miliardi di euro per il 2020 da ripartire tra le regioni. Ciascun programma operativo regionale deve essere approvato sia dal ministero della Salute e sia da quello dell’Economia, chiamati anche a monitorare sull’attuazione.
Sempre con questo decreto viene istituito il commissario straordinario per l’emergenza (Arcuri, ndr) nominato con decreto del presidente del consiglio il 18 marzo 2020, che “raccordandosi con le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie provvede, inoltre al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere, anche mediante l’allocazione delle dotazioni infrastrutturali, con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva”. Con il decreto rilancio del 19 maggio viene stabilito come rafforzare in modo strutturale la rete ospedaliera, fissando degli obiettivi sui posti in terapia intensiva e sub-intensiva: “è resa, altresì, strutturale sul territorio nazionale la dotazione di almeno 3.500 posti letto ”. Così le regioni sono state chiamate a predisporre dei piani di riorganizzazione che passano al vaglio del Ministero.
PIOGGIA DI MILIONI. Il miliardo e mezzo stanziato per riorganizzare i posti letto viene distribuito fra le regioni. La Lombardia è quella con l’assegnazione maggiore (225 milioni) seguita da Campania (163,8), Sicilia (123) e Lazio (118,5). Il decreto rilancio stabilisce che queste risorse, una volta approvati i piani, siano trasferite alla contabilità speciale intestata al commissario straordinario. Il commissario procede con tutti i suoi poteri “a dare attuazione ai piani, garantendo la massima tempestività e l’omogeneità territoriale, in raccordo con ciascuna regione e provincia autonoma”. Ha anche la facoltà di delegare i suoi poteri ai presidenti di regione.
Esattamente quello che è successo con Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta, e con le province autonome di Bolzano e Trento. I presidenti di Regione, pur con i poteri straordinari, hanno comunque l’obbligo di rispettare tempi e direttive stabilite da Arcuri. Ma come sta andando? Dal punto di vista dell’attuazione, i dati più recenti mostrano che i piani regionali adottati a seguito del decreto rilancio hanno previsto un importante potenziamento di posti. Allo stesso tempo, i posti aggiuntivi effettivamente implementati per alcune Regioni rischiano di mostrare delle carenze in piena seconda ondata. Ma non finisce qui.
REPARTI COVID. Perché c’è da tener conto del tasso di saturazione dei posti di terapia intensiva aggiuntivi. Ovvero i posti letto implementati e occupati da pazienti Covid-19. Quando il tasso di saturazione supera il 100 per cento significa che per i pazienti Covid nella regione si stanno utilizzando i posti “strutturali” e non quelli aggiuntivi perché esauriti. Ed è il caso proprio dell’Abruzzo di Marco Marsilio che registra un 150 per cento. Se è vero che per molte altre regioni il tasso di saturazione dei posti aggiuntivi rimane per ora sotto controllo, resta un dato da non sottovalutare.