Sul tema della riforma della Giustizia sembra di rivedere un film già visto nel 2001 quando il governo Amato riformò il Titolo V della Costituzione per inseguire – poco prima delle elezioni – la Lega Nord sul tema del federalismo. Una riforma affrettata, abborracciata e disastrosa per il nostro Paese in tanti campi dall’Energia, alle Infrastrutture e non da ultimo alla Sanità (che in realtà era già stata parzialmente regionalizzata, ma l’opera venne allora completata) che proprio in occasione della pandemia da Covid-19 ha mostrato tutti i suoi limiti.
Ora, dopo la vicenda dell’ex Pm Luca Palamara, una riforma della Giustizia c’è stata ed è quella dell’ex ministro Alfonso Bonafede. Le recenti evoluzioni dovute alle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara e dei documenti del Pm Paolo Storari hanno riacceso le polemiche, con i Radicali e la Lega che indicono dieci referendum appunto sulla Giustizia che avrà come temi i cavalli storici della destra e cioè la separazione delle carriere e la riforma del Csm. Sembra che i tanti nemici di Piercamillo Davigo non aspettassero altro che il suo pensionamento per gettarglisi, poco onorevolmente, addosso.
Matteo Salvini, come al solito, non si è sfatto sfuggire l’occasione e si è lanciato a cogliere la palla al balzo, magari memore delle sue ultime disavventure giudiziarie per accendere i fuochi e magari togliersi qualche sassolino dalle scarpe, mentre Giorgia Meloni ha definito l’iniziativa congiunta “interessante” e potrebbe pure agganciarsi; nel contempo Silvio Berlusconi, prudentemente, si tiene fuori. Ma non è tanto il leader della Lega a preoccupare, ormai lo conosciamo bene, dai rosari ai brindisi scollacciati al Papeete, ma piuttosto Enrico Letta che sembra essere caduto pienamente nella trappola che gli ha teso il senatore padano.
Infatti, per non essere da meno, ha dichiarato: “In settimana, il Pd presenterà il suo progetto sulla giustizia: è un progetto serio, di impatto immediato, non è propaganda come ha fatto Salvini parlando di referendum, che vuol dire buttare la palla in tribuna”. Ma, appunto, Letta sembra dimenticare che una riforma della Giustizia l’ha già fatta poco tempo fa Bonafede e che l’attuale ministra Marta Cartabia ha aperto le consultazioni per perfezionarla anche alla luce di quanto ci chiede la Ue nell’ambito del Recovery Fund, ad esempio sulla lunghezza dei processi.
E se dietro la tecnica c’è, come al solito, la politica non si capisce proprio la mossa dell’ex presidente del Consiglio Pd. Se l’alleanza con i Cinque Stelle non è casuale, ma strutturale e cioè strategica, che senso ha mettersi di traverso inseguendo, e qui l’errore fondamentale, Salvini in un territorio scivoloso e pericolosissimo proprio perché il centro – destra è pervaso da conflitti di interesse dei suoi leader, a partire da Berlusconi per arrivare ora allo stesso leader della Lega Salvini con le note vicende sulle navi di migranti?
Una iniziativa del Pd in tal senso potrebbe, tra l’altro, essere vista come un tentativo di volere fare leggi ad personam per qualcuno che è nei guai e così il danno sarebbe addirittura doppio. Inseguire Salvini sul tema della Giustizia non solo scredita il Pd ma, indirettamente, esalta e illumina proprio l’operato del leader leghista che non cerca altro che una continua visibilità.
Se poi l’alleanza giallorossa deve diventare strutturale che senso ha porre problemi sulla candidatura di Raggi a Roma e di Fico a Napoli come sta facendo il Pd? Tutte tematiche imbarazzanti che dovranno trovare una quadra se si vuole contrastare un Centrodestra sempre pericoloso, anche senza citare mucche e tori di bersaniana memoria.