“Per noi il punto centrale è quello della rogatoria del 28 aprile 2019 con tre richieste. Siamo in attesa che l’autorità giudiziaria egiziana ci risponda”. E’ quanto hanno detto il procuratore facente funzioni di Roma, Michele Prestipino, e il pm Sergio Colaiocco davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano sequestrato, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. “Rispetto alla nostra precedente audizione – hanno aggiunto i magistrati romani – il fatto successivo da segnalare è stato l’incontro avvenuto al Cairo tra il team investigativo italiano, con i vertici di Sco e Ros, e il nuovo gruppo di indagine egiziano del 14 e 15 gennaio scorso. Nel corso di questo incontro c’è stato uno scambio di informazioni ed è stato fatto il punto della situazione”.
“C’è stata da parte egiziana – aggiungono – la richiesta di documentazione che noi abbiamo già inviato. Questo scambio di documenti è funzionale a un passo ulteriore e cioè a un incontro tra magistrati, quando possibile. Tra i punti contenuti nella rogatoria, il primo riguarda una serie di riscontri sul fatto che il maggiore Sharif, uno dei cinque indagati, nell’agosto 2017 fosse a Nairobi dove avrebbe fatto riferimento alle modalità del sequestro di Giulio a una persona durante un pranzo. Questo colloquio è stato ascoltato da una terza persona la cui testimonianza è stata acquisita dalla procura. Il secondo punto riguarda, invece, l’elezione di domicilio dei cinque indagati, il terzo si riferisce ai tabulati. Noi – ha sottolineato il pm Colaiocco – siamo ancora in attesa di risposta”.
“Non è certo che volevano fare ritrovare il corpo di Regeni. La strada – ha aggiunto Colaiocco – dove è stato trovato è costeggiata da muraglioni alti 3 metri, per chilometri. Solo il fatto che un camioncino ha forato in quel tratto di strada ha reso possibile individuare il corpo, è stato un fatto fortuito: se si volesse fare ritrovare o meno il corpo è un fatto non chiaro”. Il pm ha ribadito che la morte di Giulio è “stata volontariamente inflitta e non è conseguenza delle torture” e che di certo “c’è stata una premeditazione nel sequestro”. Regeni fu sorvegliato per due mesi dai Servizi egiziani e non fu un’attività “né casuale né occasionale” ma gli inquirenti non sanno dire con certezza “perché i fatti finora accertati siano andati in quel modo”.
“Rimane per noi un mistero – ha aggiunto il magistrato che indagano sul caso – l’atteggiamento della tutor di Giulio a Cambridge, la professoressa Maha Abdel Rahman che non ha mai collaborato con le indagini e non ha più risposto dopo il primo contatto formale. D’altra parte devo ribadire la riuscita collaborazione con le autorità del Cambridgeshire e con quelle inglesi nel loro complesso”
“Questo non è un semplice caso giudiziario ma anche politico e diplomatico. Ed è un caso che riguarda la cultura e la civiltà nostro Paese” ha detto il presidente della Commissione parlamentare, Erasmo Palazzotto, al termine dell’audizione dei vertici della Procura di Roma. “Utilizzeremo tutti gli strumenti di questa commissione – ha aggiunto l’esponente di LeU – per raggiungere la verità e ci auguriamo che l’attività di questa Commissione possa essere utile anche alla procura alla quale assicuriamo tutto il nostro sostegno”.