di Sergio Patti
Nella partita delle sigarette c’è chi sta barando. E qui non serve Sherlock Holmes per trovare la manina furbetta e il luogo del delitto, in quella via XX Settembre dove ha sede il Ministero dell’Economia e Finanze. Tolto l’abito di arbitro per indossare quello di giocatore, proprio alle spalle del ministro Pier Carlo Padoan c’è chi sta favorendo alcune multinazionali del tabacco palesemente a scapito di altre, facendo una sola vittima illustre: le casse pubbliche. La vicenda è quella della tassazione delle sigarette. Il due febbraio scorso è scattata la nuova aliquota fiscale per i prodotti di fascia media e alta. L’aumento è frutto di un automatismo introdotto dalla riforma fiscale del dicembre 2014. Con quella norma però si sono salvate dall’aumento fiscale tutte le sigarette a basso prezzo, innescando una rilevante alterazione su un mercato regolamentato, ma soprattutto facendo perdere allo Stato un importantissimo introito fiscale.
GLI AMICI RINGRAZIANO
Se l’aumento dell’imposta si applicasse proporzionalmente su tutti i produttori, l’Erario porterebbe a casa non meno di 150 milioni di euro all’anno. Cifra che anche in Parlamento molti si domandano come si possa regalare, soprattutto di questi tempi e considerando i soggetti (non certo onlus benefiche) che riescono a risparmiare. Colossi come la British American Tobacco, di cui è impossibile dimenticare la scalata ai gioielli del vecchio monopolio, subito rivenduti senza troppe preoccupazioni per le fabbriche italiane e i loro lavoratori. Questa evidente asimmetria tra la tassazione delle sigarette più care e quelle a basso prezzo ovviamente non è sfuggita ai tecnici del Tesoro, ma la soluzione finora maturata dagli uffici – evidentemente non senza una copertura politica – pare finora orientata a salvaguardare gli interessi degli operatori privilegiati. Così, nonostante numerose analisi abbiano individuato in dieci centesimi per pacchetto il punto di equilibrio della tassazione, il topolino partorito dagli uomini di Padoan porta in dote un solo centesimo a pacchetto.
OCCASIONI SPRECATE
In questo modo c’è chi in nome dello Stato getta via una duplice occasione: si ignorano le politiche sanitarie che alzando il prezzo anche delle sigarette a basso costo ne scoraggiano il consumo, e soprattutto si privano i conti pubblici di un importante gettito. Una bella strategia, che fa festeggiare i colossi del tabacco inglesi e i loro amici romani, ma che di fatto turba un mercato dove il Governo dovrebbe garantire in modo imparziale la concorrenza e le regole, senza trasformarsi indebitamente in player. Un cambio di casacca di cui non ci sarebbe troppo da meravigliarsi se servisse a far incassare di più il Fisco, ma che in questo caso lascia esterrefatti perché fa perdere un mare di imposte proprio mentre lo Stato si accinge a presentarsi col cappello in mano a Bruxelles per chiedere più flessibilità sui conti pubblici.