Referendum giustizia 12 giugno 2022: la spiegazione dei cinque quesiti referendari. Cosa accadrebbe se vincesse il “Sì”?
Referendum giustizia 12 giugno 2022, la spiegazione dei cinque quesiti da votare
Il prossimo 12 giugno 2022, gli italiani verranno chiamati alle urne per esprimere il proprio voto sul referendum giustizia. In questa circostanza, i cittadini voteranno cinque quesiti pronunciando parere favorevole oppure contrario.
Di seguito, la spiegazione dei cinque quesiti referendari che verranno votati domenica 12 giugno.
Quesito n. 1 sull’abrogazione della legge Severino
Il quesito referendario numero uno, stampato su scheda rosa, è il più diretto tra quelli sottoposti alla popolazione in occasione del referendum giustizia del 12 giugno 2022. Il quesito recita quanto segue: “Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235?”.
In questo caso, il riferimento è al cosiddetto decreto Severino ossia il primo dei tre decreti incluso nella legge anticorruzione che è stata fortemente voluta da Paola Severino nel 2012, che all’epoca ricopriva il ruolo di ministro della Giustizia del Governo Monti. Il nome completo, inoltre, è “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi”.
La legge delega era stata promulgata in seguito allo scandalo Fiorito e delle indagini effettuate sulle spese esorbitanti dei consiglieri regionali e venne approvata in modo quasi unanime con 480 voti favorevoli, 19 contrari e 25 astenuti. A favore, votò l’intero centrodestra, inclusa la Lega che al momento ha promosso i referendum con il Partito radicale.
Al momento della votazione della legge delega, inoltre, l’unico partito a votare contro il provvedimento fu Italia dei Valori di Antonio Di Pietro che considerava la misura eccessivamente blanda.
La legge Severino, quindi, prevede attualmente l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, rappresentanti di Governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali condannati. In particolare, si da riferimento a:
- Condannati in via definitiva a oltre due anni per associazione mafiosa, terroristica o volta a commettere reati gravissimi come schiavitù, prostituzione minorile e traffico internazionale di droga;
- Condannati in via definitiva a oltre due anni per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione, peculato, malversazione, induzione indebita a dare o promettere utilità);
- Condannati in via definitiva a oltre due anni per tutti gli altri reati puniti con pena massima non inferiore a quattro anni.
Qualora al referendum vincesse il “Sì”, si procederebbe all’abrogazione del decreto, eliminando l’automatismo. In questo modo, verrebbe nuovamente concesso ai giudici di scegliere, di volta in volta, se una persona condannata debba essere interdetta dai pubblici uffici.
Quesito n. 2 sulla limitazione delle misure cautelari del referendum giustizia 12 giugno 2022
Il quesito numero 2, stampato su scheda di colore arancione, riguarda la limitazione delle misure cautelari e “l’abrogazione dell’ultimo inciso dell’articolo 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale”.
In sostanza, viene chiesto ai cittadini di abolire la norma sulla “reiterazione del reato” dalle motivazioni per le quali i giudici possono decidere la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini ossia prima dello svolgimento del processo.
Nel caso in cui vincessero i “Sì”, eliminando il pericolo di reiterazione del reato tra le misure cautelari, sarà possibile procedere alla custodia cautelare nei seguenti casi:
- pericolo di fuga;
- inquinamento delle prove;
- rischio di commettere reati di particolare gravità, con armi o altri mezzi violenti.
L’obiettivo del quesito referendario, dunque, consiste nel procedere alla reclusione soltanto per chi commette reati più gravi.
Quesito n. 3 sulla separazione delle carriere dei magistrati
Il quesito numero 3, stampato su scheda gialla, riguarda la separazione delle funzioni dei magistrati e prevede “l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati”.
Se vincesse il “Sì”, verrebbe introdotto nel sistema giudiziario italiano la separazione delle carriere. Di conseguenza, i magistrati dovranno decidere all’inizio della propria carriera se assumere il ruolo di giudice nel processo con funzione giudicante oppure quello di pubblico ministero con funzione requirente e incaricato di coordinare le indagini e sostenere la parte accusatoria. Il ruolo scelto, poi, dovrà essere ricoperto dal soggetto per la sua intera vita professionale.
Quesito n. 4 su valutazione di esperti giuridici esterni
Il quesito numero 4 del referendum giustizia del 12 giugno 2022, stampato su scheda grigia, fa riferimento alla partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Il quesito promuove “l’abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte”.
In questo modo, è prevista la valutazione dei magistrati da parte di esterni esperti in materia giuridica, oltre che delle toghe. Sia gli avvocati che i professori universitari parte dei Consigli giudiziari, quindi, potrebbero votare sull’operato dei magistrati e sulla loro professionalità se al referendum vincesse il “Sì”.
Quesito n. 5 del referendum giustizia 12 giugno 2022 su abrogazione delle correnti per l’elezione dei membri del CSM
Il quesito numero 5, stampato su scheda verde, prevede l’abrogazione “di norme in materia di elezione dei componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura”.
Per quanto riguarda il quesito referendario n. 5, si chiede la cancellazione della legge 24 marzo 1958, n. 195, nota come “Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura”, in riferimento all’obbligo di raccogliere da 25 a 50 firme per potersi candidare come membri dell’Organo di autogoverno della magistratura. L’obiettivo consiste nel riformare il CSM e imporre lo stop al sistema delle cosiddette correnti che sono state aspramente criticate dopo il caso Palamara per le nomine ai vertici delle procure.
Con la vittoria del “Sì”, verrebbe ripristinata la legge originale del 1958 che consentiva a tutti i magistrati in servizio di proporsi come membri del CSM e di presentare in modo semplice e diretto la propria candidatura.