I numeri parlano chiaro. Dall’istituzione del reddito di cittadinanza risultavano, a settembre, 1,5 milioni di nuclei le cui domande erano state accolte. Di questi, 166 mila erano decaduti dal diritto. I nuclei restanti (1,3 milioni) erano costituiti per 1,2 milioni da percettori di Reddito di cittadinanza, con circa 3 milioni di persone coinvolte, e per 137 mila da percettori di pensione di cittadinanza, con 156 mila persone coinvolte. Secondo gli ultimi dati, sempre diffusi dall’Inps, nel mese di ottobre il numero dei nuclei familiari beneficiari di reddito/pensione di cittadinanza è stato pari a 971 mila.
Un calo che si spiega “tecnicamente” con la conclusione del primo ciclo di erogazione del Reddito di cittadinanza laddove invece la pensione di cittadinanza si rinnova automaticamente. Il 78% di coloro che hanno terminato il primo ciclo a settembre ha presentato comunque una nuova domanda nel mese di ottobre, secondo quanto previsto dalla normativa, per ottenere dal mese successivo nuovamente il beneficio, se ancora in possesso dei requisiti richiesti. Quasi un quarto delle famiglie che ha ricevuto il sussidio è potuto uscire nel 2019 da una situazione di grave povertà. Si tratta di oltre 245mila famiglie. Secondo quanto certifica un rapporto del ministero del Lavoro.
Eppure puntualmente si levano attacchi contro lo strumento di lotta alla povertà voluto a tutti i costi dal M5S. Le notizie di cronaca su “furbetti” che hanno beneficiato del sussidio, pur non avendone i requisiti, ha dato fiato alle trombe dei partiti di opposizione che ne chiedono la cancellazione. Ha fatto particolare scalpore la notizia secondo cui due uomini, di origine tunisina, che percepivano indebitamente il Reddito di cittadinanza, avrebbero inviato fino ad aprile circa mille euro a un foreign fighter islamico localizzato in Tunisia. Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno colto la palla al balzo per sparare a zero contro la misura.
“Sono i meccanismi di controllo rafforzato, che noi stessi abbiamo voluto inserire, che ci consentono di individuare i beneficiari che non ne hanno titolo e di perseguirli. Gli approfittatori sono sempre esistiti”, replica la viceministra al Mef, Laura Castelli. “Se non ci fosse stato il Reddito di cittadinanza” ha ripetuto, pochi giorni fa, il numero uno dell’Inps Pasquale Tridico “3,1 milioni di persone sarebbero sul lastrico, sarebbero sprofondati. La Cig e la Naspi non li avrebbero raggiunti”. Un paracadute che è stato strategico soprattutto nella crisi economica scatenata dalla pandemia.
Tutto il Movimento, ad ogni modo, fa quadrato attorno alla misura e respinge gli attacchi e le strumentalizzazioni. “Come ha detto anche Luigi Di Maio il Reddito di cittadinanza non si tocca”, dichiara la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (nella foto). “Parliamo di una misura che ha permesso a oltre 3 milioni di persone di uscire da una condizione di povertà e di esclusione sociale, e di recuperare la propria dignità”. Ovvero di “una misura giusta e rivoluzionaria. E come tutte le rivoluzioni, richiede tempo per essere portata a termine”. Il che significa che “il Reddito di cittadinanza deve essere completato e stiamo lavorando intensamente per farlo”.
In questo senso, “strategico sarà il ruolo del piano nazionale straordinario di politiche attive del lavoro e formazione che sto definendo – spiega Catalfo – insieme alle Regioni e confrontandomi anche con le parti sociali, e che coinvolgerà tutti i lavoratori e i disoccupati, con una particolare attenzione a giovani e donne”. Che vada migliorato e che abbia bisogno di una sorta di tagliando è quanto ha sostenuto anche il premier e vanno sostenendo Di Maio e tutto il Movimento, da Castelli a Stefano Buffagni. Ma con un punto fermo però: “Sul Reddito di cittadinanza indietro non si torna”.