La Russia ha espulso un diplomatico italiano come rappresaglia alla decisione italiana di espellere due diplomatici russi per il caso di spionaggio in cui è stato coinvolto anche l’ufficiale di Marina, Walter Biot (leggi l’articolo).
“Abbiamo appreso con profondo rammarico della decisione della Federazione Russa di espellere l’addetto navale aggiunto dell’Ambasciata d’Italia a Mosca – afferma la Farnesina in una nota – con un preavviso di 24 ore. Consideriamo la decisione infondata e ingiusta perché in ritorsione ad una legittima misura presa dalle Autorità italiane a difesa della propria sicurezza”.
Prove schiaccianti contro l’ufficiale italiano arrestato per spionaggio.
Per il capitano di fregata Walter Biot, con la vendita di documenti top secret a una spia russa “non è stata messa a repentaglio la sicurezza dello Stato” ma secondo il gip – che nelle scorse settimane ha convalidato il suo arresto avvenuto mentre consegnava documenti riservati italiani ai russi -, “le modalità esecutive e la natura della vicenda mostrano l’estrema pericolosità del soggetto stante la professionalità dimostrata nel compimento delle azioni desumibile dai numerosi apparecchi utilizzati, dalle tempistiche e dagli accorgimenti adottati”.
In particolare le azioni portate avanti dal militare “quali ad esempio l’inserimento della scheda sd all’interno del bugiardino dei medicinali così come il fatto che dai telefoni in suo possesso non emergono appuntamenti o contatti con l’agente russo” sono “elementi sintomatici dello spessore criminale dell’indagato che non si è posto alcuno scrupolo nel tradire la fiducia dell’istituzione di appartenenza al solo fine di conseguire profitti di natura economica”.
Tutti motivi che avevano convinto il giudice a lasciare Biot in carcere in quanto c’è il pericolo di reiterazione del reato come anche quello di inquinamento delle prove. Particolare, questo, che si desume “dal numero di computer e smartphone in suo possesso”, tanto che gli inquirenti hanno sequestrato quattro telefonini a disposizione del militare, che dimostrano “che non si è trattato di un’attività isolata e sporadica”.
Una vicenda spinosa che, come trapela in queste ore, verrà affrontato nei prossimi giorni in un vertice tra la procura di Roma e quella militare che dovranno chiarire a chi compete il caso che, stando alle attuali accuse, potrebbe costare fino a 15 anni di reclusione per il capitano di fregata.
L’INCHIESTA. Biot, come ufficiale alla sicurezza, gestiva flussi di informazioni coperti da segreto perché preordinati alla sicurezza dello Stato. In altre parole si occupava di tutti gli assetti italiani della Difesa, di operazioni programmate in teatri operativi esteri con “particolare riguardo a operazioni Nato, Ue, Onu”.
Tutto materiale prezioso che, secondo la Procura di Roma guidata dal procuratore Michele Prestipino, faceva gola agli 007 del Cremlino che hanno corrotto l’ufficiale italiano, due dei quali sono stati già rimpatriati ossia Alexey Nemudrov e Dmitri Ostroukhov. Un rapporto di “lavoro” che sarebbe andato avanti per diverso tempo con il capitano di fregata che avrebbe consegnato agli uomini del Gru, l’intelligence militare estera russa, ben 181 foto di materiale segreto, rubato dai computer di servizio, e addirittura 47 file “Nato secret” ossia documenti riservati e consultabili da una ristrettissima cerchia di ufficiali. Furti che in almeno tre occasioni sono stati anche filmati dagli inquirenti.
Questo è il contenuto della pen drive sequestrata dai militari del Ros e che Biot stava cercando di passare all’agente russo, quest’ultimo fermato e messo in consegna presso l’ambasciata di Mosca, in un parcheggio a Spinaceto. Un comportamento tutt’altro che conforme al proprio dovere che, secondo i familiari di Biot, deriva dalle difficoltà economiche in cui versava il militare.
Gli inquirenti si sono poi concentrati sull’analisi della memory card utilizzata per trasportare i documenti riservati, dei quattro smartphone e di due Pc in uso a Biot dai quali potrebbe emergere ulteriori elementi utili alle indagini. Accertamenti sono in corso in particolare sulle quattro utenze telefoniche, tre intestate allo stesso Biot e uno al Ministero della Marina. Anche se dall’esame del traffico telefonico è emerso che non ci sono stati contatti tra il capitano di fregata e il funzionario russo.