Dopo la parolaccia al cospetto della ministra Roccella che ha fatto scalpore e malgrado le immediate scuse di Lucia Annunziata, le destre accusano la giornalista di una condotta sleale. Giovanni Valentini (ex direttore dell’Europeo e dell’Espresso e già vicedirettore di Repubblica, autore della rubrica settimanale ‘Il Sabato del Villaggio’ sul Fatto Quotidiano), cosa ne pensa di queste critiche?
“Mi pare che si tratti di polemiche strumentali e pretestuose. Lucia Annunziata è una giornalista seria e impegnata, che ha dimostrato ampiamente la sua indipendenza e libertà di giudizio anche nei confronti della parte politica a cui è più vicina. Per di più è stata una grande presidente della Rai. Detto questo ritengo che le polemiche siano pretestuose perché lei si è immediatamente scusata, rendendosi conto lei stessa che l’espressione era certamente inopportuna. Peraltro la reazione istintiva che ha avuto non era rivolta direttamente alla ministra Roccella e neanche nei confronti del Centrodestra, ma era indirizzata a tutta la classe politica che finora non è riuscita a legiferare su una materia tanto delicata, nonostante le continue sollecitazioni della Corte Costituzionale”.
Secondo lei la maggioranza sta sfruttando la vicenda per giustificare la propria Opa su viale Mazzini?
“È ridicolo prendere a pretesto un incidente del genere per legittimare un assalto alla Rai, un’occupazione “manu militari” che è già in atto da tempo e che non ha bisogno di questa leva per essere giustificata. Si sperava, e io stesso dalle colonne del ‘Fatto Quotidiano’ ho scritto una lettera aperta a Giorgia Meloni, che la presidente del Consiglio affrontasse la questione Rai in modo più liberale e costruttivo ma ciò non è avvenuto. È vero che Fratelli d’Italia, all’epoca l’unico partito di opposizione, quand’è stato nominato questo Consiglio di amministrazione era stato escluso con quello che a parer mio è stato un errore ingiustificabile del Centrosinistra, ma ora siamo alla ritorsione nei confronti della minoranza, per giunta con due aggravanti. La prima è che la Meloni non si deve dimenticare che la sua maggioranza parlamentare non è una maggioranza popolare, perché il Centrodestra ha vinto con il 43,8% e quindi si dovrebbe preoccupare di gestire la Rai in modo più equo anche nei confronti di chi non l’ha votata e che, compresi gli astenuti, sono la maggioranza degli italiani e verosimilmente degli abbonati Rai. Il secondo punto è che la sua maggioranza che vuole controllare in modo autarchico la Rai, già gode del sostegno delle reti Mediaset”.
Che cosa avrebbe dovuto e potuto fare la Meloni?
“Avrebbe potuto accogliere la proposta di Giampaolo Rossi, il suo fiduciario alla Rai e già destinato a diventare direttore generale, di convocare gli Stati Generali: un’assemblea pubblica con cui ridefinire le regole del gioco e sottrarre il servizio pubblico alla partitocrazia, come del resto chiedeva in passato la destra. Si tratta di un’iniziativa auspicabile perché molti dimenticano che adesso è il Governo che nomina direttamente il presidente e l’amministratore delegato della Rai a causa della scellerata riforma Renzi. Prima, com’è giusto che sia, a farlo era il Parlamento”.
Le destre da mesi raccontano di un servizio pubblico assoggettato alla sinistra. Eppure, l’ultimo studio dell’Osservatorio di Pavia racconta un’altra storia perché lo spazio concesso al Governo nei Tg sfiora il 70%…
“Tutti i difetti della Rai, quelli passati, presenti e futuri, dipendono dalla mancata riforma del servizio pubblico che resta sotto il controllo della politica e in particolare del Governo. Lei parla dello share dei Tg, dove esiste un’inclinazione naturale delle testate Rai ad allinearsi al Governo di turno. Ma il problema è ancora più grave se si guarda ai talk show e alle rassegne stampa, dove c’è una presenza prevalente di ospiti che riflettono l’orientamento del Centrodestra senza un effettivo contraddittorio. Non è un problema di par condicio, ma di rispetto per i telespettatori”.
Dopo oltre sei mesi dalla nascita del governo, la Commissione di Vigilanza non si è ancora insediata. In mancanza di chi deve controllare, le destre si sentono in diritto di fare quello che vogliono?
“Questo è uno scandalo istituzionale e una vergogna parlamentare. È uno scandalo istituzionale perché la Commissione di Vigilanza non è una delle tante in cui si articola Parlamento, ma è una commissione di garanzia che deve tutelare soprattutto l’opposizione rispetto allo strapotere della maggioranza. È una vergogna parlamentare perché si sta assistendo al gioco di una destra che impone sempre le sue scelte, sia quando è al governo sia quando era all’opposizione. Ricordo che in passato il Centrodestra respinse la candidatura di Leoluca Orlando, l’ex sindaco di Palermo, alla presidenza della Vigilanza perché considerato un estremista. Poi quando si trattò di eleggere Francesco Storace, soprannominato ‘epurator’ e che non è di certo una figura di equilibrio e moderazione, il Centrosinistra subì la sua designazione senza colpo ferire”.
Sulla Vigilanza Rai, le opposizioni sembrano in tilt con Renzi che ne sta approfittando per spingere sulla candidatura di Maria Elena Boschi come presidente della commissione. Le sembra un buon nome?
“Maria Elena Boschi ha sicuramente molte doti e qualità, ma non può fare la presidente della Vigilanza per una palese incompatibilità politica. Lei milita in Italia Viva, un partito che ha come leader Matteo Renzi il quale, quando era presidente del Consiglio, ha espropriato il Parlamento del controllo sulla Rai e l’ha trasferito al Governo. Sarebbe come nominare Dracula alla presidenza dell’Avis”.
A viale Mazzini si discute del tracollo di ascolti di “Cinque minuti”, la striscia quotidiana di Bruno Vespa, che ha perso il 5% di share in due settimane. Se lo aspettava questo tonfo?
“Provo una certa compassione per Vespa che ormai è sul viale del tramonto. Riguardo a Cinque minuti, mi sembra un problema di esibizionismo professionale più che un evidente errore di format. In trecento secondi, tanto dura il programma, non si fa una striscia informativa ma si fa quella che volgarmente si chiama una ‘sveltina’ ossia un’intervistina, generica e superficiale, in cui non c’è una reale interlocuzione e nemmeno un contraddittorio. Lui si limita a fare le domandine che si è preparato e non incalza mai l’ospite. Si tratta di un programma inutile che serve solo a Vespa, perché non porta niente né al servizio pubblico né ai telespettatori”.