Da un lato, il giornalismo indipendente esulta per la fine del calvario giudiziario del simbolo della libertà di stampa, Julian Assange; dall’altro, la Rai si appresta ad eleggere il nuovo cda che, come sempre, resta in mano alla politica. Sembra uno strano scherzo del destino quello che riporta alla mente l’atavico problema del servizio pubblico italiano che, malgrado proposte di riforma sul modello della BBC, continua a restare ancorato alle nomine fatte da partiti e governo.
Una partita che la maggioranza voleva chiudere al più presto, così da decidere la conformazione del nuovo consiglio di amministrazione con l’elezione dei quattro membri del board di nomina parlamentare, due a Palazzo Madama e due a Montecitorio, ma che è stata rimandata a dopo la pausa estiva. Questo è quanto emerge dalla riunione della capigruppo della Camera in cui il voto sui componenti del cda Rai non è stato inserito nel calendario dei lavori di luglio. Ai quattro componenti scelti dal Parlamento, si aggiungono il presidente e l’amministratore delegato che vengono indicati dal Ministero dell’Economia e nominati dal Consiglio dei Ministri, e il settimo e ultimo componente del cda – l’unico esterno alle nomine politiche –, ossia Davide Di Pietro, che è stato già scelto un mese fa dai dipendenti dell’azienda.
I ricorsi
In attesa di capire quando ci sarà il voto del Parlamento, sul calendario è segnato di rosso il prossimo 4 luglio, quando il Consiglio di Stato prenderà una decisione definitiva sul ricorso presentato da alcuni candidati al cda, tra cui Nino Rizzo Nervo, Patrizio Rossano, Stefano Rolando, che, dopo essersi rivolti al Tar, il quale si pronuncerà il 23 ottobre con un verdetto che rischia di far ripartire da capo l’intera procedura, hanno presentato appello all’organo superiore per chiedere una sospensiva urgente.
Un’istanza ritenuta necessaria dai ricorrenti in quanto il sistema delle nomine Rai, previsto dal Testo Unico sulla Radiotelevisione (TUSMA), presenterebbe profili di illegittimità costituzionale ai sensi della sentenza della Consulta n. 225 del 1974, e, soprattutto, in relazione all’European Media Freedom Act (EMFA), che garantisce a tutti i servizi pubblici radiotelevisivi indipendenza nella governance e trasparenza nelle nomine.
I nomi sul tavolo
Insomma, la partita è più che aperta e non si possono escludere colpi di scena. Quel che è certo è che intanto proseguono i ragionamenti dei partiti sui nomi adatti per far parte del prossimo cda. Sul tavolo ci sono ben 121 candidature, di cui 70 alla Camera e 51 al Senato, tra volti storici che hanno fatto la fortuna della Rai e del giornalismo, consiglieri che hanno già fatto o fanno parte dell’attuale cda ed ex parlamentari.
Tra i nomi più gettonati, si segnalano: Giovanni Minoli; l’ex direttore di Rai2 nonché vicedirettore generale e presidente di Rai Pubblicità, Antonio Marano; l’ex consigliere di amministrazione dal 2015 al 2021, Antonino Rizzo Nervo; l’ex vertice di Isoradio, Danilo Scarrone; l’ex direttore del Tg3 e di Rainews 24 nonché degli Approfondimenti, Antonio Di Bella. E ancora: l’ex direttore di Europa, Stefano Menichini; l’ex ministro forzista, Elio Vito; l’ex giornalista di Repubblica, Goffredo De Marchis. In lizza anche i consiglieri uscenti Simona Agnes (in quota Forza Italia e che da tempo viene data in pole position per la presidenza della Rai) e Alessandro Di Majo in quota M5S, che i pentastellati sembrano intenzionati a riconfermare. Stando ai rumor, Fratelli d’Italia vorrebbe puntare su Valeria Falcone, mentre la Lega dovrebbe optare per Alessandro Casarin.
Le tattiche dei partiti
Più incerta la posizione del Pd, dove c’è una spaccatura tra chi spinge per astenersi, come segnale per spingere verso la riforma della governance, e chi vorrebbe appoggiare Roberto Natale, che sarebbe gradito anche ad AVS, oppure Antonio Di Bella, dato da più parti come un candidato spendibile anche come presidente di garanzia. Tutto fatto, invece, per i due nomi indicati dal Mef con l’attuale direttore generale Giampaolo Rossi, in quota Fratelli d’Italia, che sarà promosso ad amministratore delegato, mentre l’attuale ad Roberto Sergio dovrebbe ricoprire il ruolo di direttore generale.