“Plaudo alla scelta interna. La Rai ha mille professionalità e le nomine che sono state fatte sono di qualità”. Il massmediologo Klaus Davi promuove i nomi proposti dall’ad di Viale Mazzini, Fabrizio Salini, per guidare i telegiornali del servizio pubblico.
Partiamo da Giuseppina Paterniti.
“L’intuizione della Paterniti è buona: ottima professionista e non si può dire che sia una sovranista o una salviniana e non si può dire nemmeno che sia un’iper-grillina. È una figura di mediazione per conservare la riserva indiana del Pd”.
Gennaro Sangiuliano?
“Sangiuliano? Per carità, possono essere discutibili alcune sue cose, ma è un vero intellettuale e ha un ottimo curriculum: può dare un sigillo un po’ più culturale a una narrazione politica che a volte secondo me è addirittura squallida. È una figura assolutamente azzeccata”.
Poi c’è Giuseppe Carboni al Tg1.
“Qui mi pronuncio meno. Conosco i suoi servizi, ma non posso dare un giudizio così approfondito”.
Questa, per molti, è di per sé una critica.
“Però in Rai spesso si pesca gente che non è conosciuta e poi si rivelano dei talenti. Tipo Giovanni Floris, per esempio, o Serena Bottone”.
Che Tg dobbiamo aspettarci? Ci sarà un cambio di passo ripetto al passato?
“Non credo. Di base non c’è cultura sovranista in Rai. La Rai è per antonomasia anti-sovranista perché è inclusiva. Attraverso la Rai abbiamo imparato l’italiano, l’accoglienza, l’antimafia. Non credo che questi professionisti comincino a fare il controcanto del sovranismo. Ovviamente cambierà la linea politica, ma è legittimo: hanno vinto”.
Le forze di maggioranza avevano però promesso di cacciare i partiti dalla Rai, cosa che, visti i nomi, non pare sia avvenuta…
“Isolare la Rai dai partiti? Non succederà mai. I partiti sono gli azionisti della Rai. Certo: ci sono Parlamento e Governo ma lì siedono i partiti”.
Crede che in questo abbia responsabilità l’ultima riforma di Renzi che è fisiologicamente votata alla lottizzazione già nel Cda?
“La politica c’è sempre stata. Il problema è cosa produce la politica. Renzi ha tante responsabilità, ma non questa. Anzi, secondo me l’idea di dare responsabilità all’amministratore delegato non è affatto un’idea sbagliata”.
A proposito: secondo molti Salini non ha mai preso realmente in mano la partita delle nomine.
“Sia Foa che Salini si sono rivelati mediatori politici. Ma non potrebbe essere altrimenti. Salini ha gestito realtà televisive importanti e sa che la televisione è politica, come si fa a non mediare? L’editoria è la quintessenza della politica”.
L’elettorato che chiedeva cambiamento in Rai sarà soddisfatto?
“Quello grillino potrebbe non capire questa operazione. Ma ripeto: è un bene che il management abbia scelto all’interno. Se avessero rivoluzionato tutto e preso dall’esterno, da Giordano a Mentana, nessuno avrebbe accettato 250mila euro, visto lo scelleato tetto anti-storico agli stipendi, imposto dal Pd. Ma neanche per idea”.
Ancora non sono decisi i nomi dei direttori di Rete. Il nome che pare certo è quello di Stefano Coletta: dovrebbe essere riconfermato a Rai3.
“Non capisco la sua riconferma: Mazzà ha fatto bene ed è stato spostato al Gr, Coletta ha fatto molto meno bene. Se restasse mi stupirebbe perché non ha azzeccato un programma. Ma queste sono logiche politiche, non meritocratiche”.
Pare sfumato il nome di Marcello Ciannamea a capo di Rai1. Che direttore sarebbe stato?
“Ciannamea è un tecnico, scuola Teodoli. Quindi sarebbe andato bene. Sì, è leghista. Ma, se posso dire, è un leghista per caso. È, più che altro, del partito dei bravi tecnici Rai”.
Sfumata, pare, anche Maria Pia Ammirati a Rai2, con cui lei ha lavorato.
“La Ammirati è un caso Paterniti due. È stata sempre dalemiana di ferro. Anche lei, però, è di fatto un tecnico. Parliamo di gente di medio-alto livello. È gente che conosce la macchina Rai”.