Il pacchetto di nomine Rai è passato con tre 3 voti su 7. Consigliere Riccardo Laganà abbiamo fatto bene i calcoli o c’è un errore?
“I conti sono giusti: sono i paradossi di una legge dai noti tratti di incostituzionalità perché assoggetta i vertici Rai al controllo dell’esecutivo anziché del Parlamento come chiarito dalla Consulta a metà degli anni 70. Congegnata ad arte per non disturbare le scelte dell’Ad di turno – indicato dal governo di turno – con un consiglio di amministrazione messo ai margini nelle scelte editoriali e davanti a nomi decisi fuori. Almeno per quello che mi riguarda sarebbe stato più onesto introdurre la figura dell’Amministratore Unico anziché Delegato”.
Lei ha votato no…
“I nomi sottoposti al Cda, senza nessuna attenzione alla policy sulla parità di genere, girano da settimane fuori il perimetro Rai, tra bar e palazzi istituzionali ed esattamente quelli sono arrivati. Le proposte di incarico vengono poi accompagnate con formule di rito che rimandano allo screening di curricula e alle quali in Azienda non crede più nessuno; il tutto in assenza, per quel che mi riguarda, di criteri, trasparenza e una illustrazione preventiva delle scelte maturate rispetto alle quali avrei potuto formulare osservazioni; il voto a questo punto non poteva essere diverso. Poi per la prima volta nella storia aziendale – credo – abbiamo assistito ad una candidatura in una controllata che coincide con il capo della Direzione che sovrintende alla selezione. Tante obiezioni, non solo mie, incentrate sul metodo e sull’opportunità e non sul profilo: ma chi di dovere ha risposto che è tutto normale e va bene così”.
L’Usigrai si batte per valorizzare le risorse interne, ma al Tg1 vi ritrovate un esterno e al Tg3 un direttore che lo è stto quando entrò in Rai…
“Il problema della valorizzazione delle risorse interne è trasversale in tutti i comparti aziendali; chiunque conosca davvero l’azienda e chi ci lavora sa di tanta e tante risorse meritevoli che attendono una possibilità di crescita che viene loro negata; mancano le declaratorie di molti ruoli professionali e ho perso il conto di quante professionalità, soprattutto nella fascia di laureati tra i più contesi sul mercato del lavoro, abbiano deciso di dimettersi per assenze di prospettiva e di un inquadramento adeguato. Abbiamo perso la capacità di essere attrattivi sul mercato del lavoro. Per il resto, non voglio entrare nello specifico della singola persona, per non incorrere nel rischio di essere strumentalizzato. Il No è per il metodo opaco e spartitorio che contesto non da oggi, quasi mai per il professionista”.
Intanto in Rai procede la lottizzazione…
“Tutte le democrazie vere hanno un servizio pubblico televisivo pluralista e realmente a disposizione dei cittadini per una crescita sociale, etica e morale. Sta ai vertici di turno assicurare che un’azienda finanziata dai soldi dei contribuenti non si trasformi in brutti cloni delle televisioni commerciali. Anche per questo è fondamentale riprendere per mano la titolarità di una linea editoriale che è stata negli anni appaltata e subappaltata agli interessi, non solo degli esponenti politici e dei partiti, ma anche di potenti agenti e società di produzione. Chi invoca la privatizzazione come la panacea di tutti i mali ha sotto gli occhi mille esempi non proprio edificanti, anche dal punto di vista della par-condicio. Ci sono disegni di legge in Parlamenti che forse non saranno perfetti ma se fossero applicati renderebbero il Servizio Pubblico decisamente più equo, virtuoso e trasparente. Nel frattempo, chi invoca la privatizzazione professando così distanza da Rai nelle sue finalità di servizio pubblico, potrebbe dare coerente testimonianza di questo orientamento astenendosi dal partecipare ad ogni giro alla solita partita spartitoria di nomine La verità, è che una Rai forte, libera controllore dei governi e non controllata non conviene a nessuno”.
Dopo Fazio, Annunziata. è partito il fuggi fuggi dalla Rai. Con quali conseguenze?
“Vorrei spezzare una lancia a favore dell’attuale Ad, la questione Fazio ha le radici nella passata amministrazione e credo invece che le responsabilità e ragioni dovrebbero essere ricercate altrove, anche tra coloro che gli ultimi due anni gestivano e avevano deleghe per i contratti artistici, fino alle parti politiche che oggi urlano allo scandalo. In generale, nel rispetto delle scelte di professionisti importanti, io credo che chi ha a cuore l’Azienda non l’abbandoni preventivamente, sulla base di proiezioni o timori, rendendola nei fatti più vulnerabile sul piano del pluralismo informativo ed ogni paragone dei casi odierni con la vicenda Biagi mi sembra un po’ improprio. Adesso il problema è di colmare le enormi lacune lasciate evitando che la Rai si impoverisca di colpo nella qualità e nei numeri legati all’ascolto La Rai, il servizio pubblico, è la casa di tutti ed ha più senso rimanerci proprio quando le tue idee sono in minoranza”.