Ho letto il tempo esorbitante che la Rai dedica ai partiti della maggioranza (La Notizia, 23 settembre, ndr). Si sapeva, ma vedere le cifre fa rabbia.
Alice Mingardi
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Gentile lettrice, qui si finisce col rimpiangere la Prima Repubblica, quando l’imparzialità era un sogno come oggi, ma almeno la partigianeria era disciplinata dalla “lottizzazione”. Rai1 era un feudo democristiano, tanto che Vespa, allora direttore del Tg1, intervistando il segretario della Dc Forlani, lo definì “il mio azionista di riferimento”. Il Tg2 era a trazione socialista e dava spazio anche a liberali e repubblicani. Rai3 era appannaggio dell’opposizione, ovvero del Pci. Il Tg3 di Sandro Curzi fu chiamato TeleKabul e fu una fucina di idee. La Rete, diretta da Angelo Guglielmi, creò programmi mitici: Chi l’ha visto, Telefono giallo, Samarcanda, Un giorno in pretura, Blob, Fuori orario, per citarne alcuni. Poi venne il berlusconismo. Forza Italia si accaparrò Rai1 e Rai2 e nel frattempo si sviluppò Mediaset, dove erano nati da poco (gennaio 1992) il rivoluzionario Tg5 e la sua antesignana rassegna stampa notturna, di cui so qualcosa. I nuovi padroni in Rai si ingegnarono per dare una cornice “legale” alla partigianeria e voilà inventarono il “panino”: ogni servizio di politica era costruito con un terzo dello spazio dedicato al governo, un terzo all’opposizione e un terzo alla maggioranza. Così il centrodestra parlava due volte, a inizio e fine, e in mezzo stava l’opposizione come una fetta di prosciutto. Oggi invece nelle Reti solo briciole all’opposizione e nei Tg mangiamo ancora lo stesso sandwich, ma più stantio di prima.
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