Dai dati Inapp emerge che circa il 46% dei percettori del Reddito di cittadinanza sono lavoratori poveri. Enrica Segneri, deputata del M5S componente della commissione Lavoro, come si esce da questa situazione?
“In due parole: salario minimo. Come ha spiegato il presidente dell’Inapp, Sebastiano Fadda, il Reddito è stata un’ancora di salvezza per 1,8 milioni di famiglie: non oso pensare a cosa sarebbe successo durante la pandemia se non ci fosse stato. Ma il dato emerso dal rapporto circa i percettori che sono altresì lavoratori poveri ci costringe ad agire celermente. Il M5S è pronto: la nostra proposta aspetta solo di essere votata e approvata, possiamo farlo domani mattina”.
Spagna e Germania hanno aumentato il salario minimo. Noi in Italia rimaniamo tra i pochi paesi in Europa a non averlo. C’è speranza di sanare questa anomalia?
“Se c’è la volontà delle altre forze politiche certamente sì. Noi, come detto, ci siamo. In questi mesi ho letto delle vere e proprie fake news sul salario minimo. C’è chi ha detto che la sua introduzione ‘scatenerebbe una fuga dai contratti collettivi’, ‘comprimerebbe verso il basso retribuzioni e diritti’, addirittura ‘aumenterebbe la disoccupazione e il lavoro nero’. Ma gli studi condotti in alcuni Paesi dov’è già stato introdotto dimostrano il contrario. In Germania, per esempio, non c’è stato nessun impatto negativo sulla crescita. Anzi, da quando è in vigore il Pil è salito del 20%…”.
Enrico Letta ha detto che il salario minimo è una priorità del suo partito. Ci credete?
“Sono abituata a non giudicare le parole ma i fatti. E l’emendamento che il Pd ha presentato al Senato identico a quelli di Lega e Forza Italia, con cui chiede di eliminare dal ddl Catalfo la soglia minima di 9 euro, lo è. Non ha senso cancellare la parte più importante della nostra proposta. Serve chiarezza su come si vogliono fare le cose. Questa non è una battaglia che il M5S sta facendo per proprio tornaconto, ma per 4,5 milioni di lavoratori poveri. Come ha ribadito ieri il presidente Giuseppe Conte, chi non intende condurla si assumerà la responsabilità davanti al Paese”.
Perché le parti sociali continuano a ostinarsi contro il salario minimo?
“Questo va chiesto a loro. Ricordo che l’obiettivo della nostra proposta non è solo quello di fissare una soglia minima, ma, anche e soprattutto, di stabilire che i contratti di riferimento sono quelli firmati da sigle sindacali e associazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In questo modo, intendiamo arginare il fenomeno dei ‘contratti pirata’ che sono quasi il 40% di quelli depositati al Cnel. Solo valorizzando la contrattazione ‘sana’ potremo invertire la rotta”.
La ripresa del mercato occupazionale continua a essere trainata dai lavori precari. Come invertire questo trend che contribuisce ad alimentare il fenomeno dei working poor in Italia?
“Per troppi anni nel nostro Paese si è pensato che la flessibilizzazione del lavoro portasse alla creazione di nuovi posti, ma essa è sfavorevole ai lavoratori. Bisogna immediatamente riattivare il tavolo aperto al ministero del Lavoro e mettere in campo interventi che favoriscano l’occupazione di qualità. Prima della pandemia, con il decreto Dignità, sono stati stabilizzati 500mila rapporti di lavoro. È questa la strada lungo la quale dobbiamo muoverci”.
L’Inapp ha ancora una volta confermato l’essenzialità del RdC. Crede che si riesca a modificare il verso alla narrazione distorta sul Rdc che ancora molti fanno?
“Ciò che ci interessa è il forte valore sociale di questa misura. Siamo orgogliosi di aver introdotto il Reddito e nell’ultima legge di Bilancio abbiamo apportato dei correttivi per renderlo ancora più performante nella parte dell’inserimento al lavoro dei percettori ‘occupabili’. Per dirla ancora con Fadda: basterebbe migliorare le condizioni retributive e lavorative dei lavoratori che lo percepiscono per arrivare quasi a dimezzare il numero totale dei beneficiari. È questo ora il nostro obiettivo”.