Sul dossier dell’ex Ilva si naviga a vista. Non è ancora stato fissato il nuovo incontro tra il Governo e ArcelorMittal e al momento il premier viaggia senza bussola. L’unico canale sul quale si continua a procedere spediti è quello legale. È arrivato sul tavolo del presidente del Tribunale di Milano l’atto di citazione depositato dai legali della multinazionale per chiedere il recesso del contratto d’affitto dell’ex Ilva. E nelle prossime ore arriverà anche il ricorso cautelare annunciato dai commissari straordinari.
Le ipotesi alternative al gruppo franco-indiano, il cosiddetto piano B, vanno da un nuovo commissariamento, ovvero una nazionalizzazione temporanea, alla speranza che si facciano avanti altri imprenditori. Si è parlato di un interesse di Arvedi e di un ritorno di Del Vecchio (protagonista della vecchia cordata sconfitta da ArcelorMittal). Ma sono solo ipotesi. L’unica via percorribile rimane quella di ricontrattare con la multinazionale dell’acciaio le condizioni per convincerla a non lasciare Taranto. Le proposte che Giuseppe Conte avrebbe inviato all’azienda non hanno ancora avuto risposta. Il governo ha dato la sua disponibilità su alcuni punti: revisione del contratto d’affitto degli stabilimenti, cassa integrazione per un numero di lavoratori compreso tra i 2000 e i 3000 rispetto ai 5000 esuberi richiesti da ArcelorMittal, rassicurazioni per evitare lo spegnimento dell’Altoforno 2, scudo penale. Non solo.
Un eventuale ingresso della Cdp potrebbe sostenere l’azienda finanziariamente e svelenire il clima verso ArcelorMittal. Clima di sfiducia e ostilità che i legali del gruppo hanno citato tra i motivi che rendono impossibile eseguire il contratto. La protezione legale in una versione generale, valida per tutte le aziende impegnate in operazioni di risanamento ambientale, servirebbe a sfilare qualsiasi alibi ad ArcelorMittal, anche nella prospettiva di una battaglia legale, e a non scoraggiare altri potenziali investitori. Il Pd è pronto a rimetterlo ma attende di vedere come evolverà la trattativa con ArcelorMittal.
La posizione dei dem è in linea con quella di Conte: sì all’immunità a patto che il colosso dell’acciaio assuma impegni precisi. Italia viva ha già presentato due emendamenti per reintrodurlo. Ma se Leu dice no ai ricatti che arrivano dal gruppo franco-indiano, i problemi maggiori arrivano da casa M5S. I parlamentari pugliesi con il premier – presenti all’incontro anche i ministri Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli e Federico D’Incà – hanno categoricamente escluso la possibilità di poter dire sì allo scudo penale. In realtà non tutti: all’interno del Movimento ci sono dei distinguo. Pesa però la posizione di Di Maio. Il capo politico M5S ha sposato la linea dura contro ArcelorMittal e a Conte, nel caso in cui sullo scudo si arrivasse a un voto di fiducia, non ha escluso problemi per il governo.
La votazione di un emendamento da parte di Pd e Iv per la reintroduzione dello scudo penale “sarebbe un problema enorme per la maggioranza”, dichiara in serata, avendo in mente soprattutto i renziani. Anche se poi garantisce che “da parte del Movimento 5 Stelle c’è tutto il sostegno all’azione collegiale del governo”, purché non ci siano ricatti alle persone tra “vivere o lavorare”. In attesa che Mittal batta un colpo, Conte sta raccogliendo dai suoi ministri proposte e progetti per il “Cantiere Taranto” aperto per rilanciare un territorio “ferito”. Ma potrebbe non bastare.