Gli studenti un po’ asini vengono rimandati a settembre, chi ha scritto il quesito referendario per prevedere l’abrogazione della parte proporzionale del Rosatellum è stato rimandato a novembre. Dal palco di Pontida, storico raduno della Lega, Matteo Salvini a metà settembre lanciava con toni trionfalistici il primo guanto di sfida al nuovo governo, il Conte bis: “Basta partitini che tengono in ostaggio il Paese con il 3-4%. Gli italiani vogliono chiarezza. Quindi avanti con il referendum sulla legge elettorale”.
Pronti via. Due settimane dopo, una delegazione leghista deposita in Cassazione il quesito per proporre un referendum sulla legge elettorale, come chiesto da otto consigli regionali, che preveda l’abrogazione della parte proporzionale della legge elettorale vigente, che diventerebbe in tal modo maggioritaria. Un sistema che avvantaggerebbe il partito o la coalizione più votata e che penalizzerebbe le forze politiche minori. Inutile dire che la Lega, accreditata oggi oltre il 30% nei sondaggi, farebbe in tal modo cappotto.
In barba a quanto dichiarato allora dal capo delegazione, il senatore di lungo corso del Carroccio Roberto Calderoli, cioè di non temere un no della Consulta, ma intanto la Suprema Corte ha chiesto alle Regioni che hanno presentato richiesta di referendum abrogativo di “integrarla” e anche di “cambiare la denominazione del quesito per la sua identificazione”. Tradotto: il quesito è scritto male. La Cassazione concede ai Consigli regionali guidati da giunte di centrodestra (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Piemonte, Abruzzo, Basilicata e Liguria) tempo fino all’8 novembre per deliberare le integrazioni di carattere formale.
Nello specifico, spiega la Regione Piemonte, l’integrazione richiesta consiste “nella formulazione integrale dei testi delle disposizioni di cui si chiede l’abrogazione; inoltre la denominazione del quesito dovrà essere “Abolizione del metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali, nel sistema elettorale della Camera dei Deputati e nel Senato della Repubblica”. Per ora dunque il rilievo è solo formale ma il sì non è affatto scontato e intanto non mancano gli sfottò degli ex alleati 5Stelle: “Una figuraccia della Lega e di Alberto Cirio: gli errori evidenziati dalla Corte Costituzionale erano già stati denunciati dal nostro gruppo” spiega il gruppo pentastellato in Regione Piemonte “Non è bastato occupare il Consiglio regionale per una settimana, tapparsi le orecchie per non sentire gli avvertimenti dell’opposizione e nemmeno trasformare l’aula nella succursale di Pontida. La Corte di Cassazione ha evidenziato che il compitino assegnato da Salvini ai consiglieri leghisti del Piemonte è sbagliato”.
Ironia anche dalla capogruppo abruzzese Sara Marcozzi: “Sono incapaci persino di scrivere bene il documento. E sappiamo tutti che il quesito, per come è stato redatto, non supererà il vaglio della Corte Costituzionale dal momento che creerebbe un vuoto normativo, in mancanza di un’altra legge immediatamente utilizzabile in caso di voto”.