Il discorso è sempre lo stesso: quando li prendono gli altri, come i poveracci percettori del Reddito di cittadinanza, persone che non riescono a mettere assieme il pranzo con la cena, si chiamano sussidi, quando li prendono gli imprenditori si chiamano contributi alla competitività, incentivi alla crescita e via discorrendo. Il tema è tornato di moda ora che Stellantis per bocca del suo amministratore delegato Carlo Tavares ha lanciato l’allarme. “L’Italia – ha detto – dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per il fatto che produce meno nel nostro Paese. Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilità per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia”.
Nel corso della sua relazione all’assemblea della Confindustria del 2020, il presidente Carlo Bonomi disse di non voler diventare “un Sussidistan”. Eppure gli imprenditori si sono battuti per anni per avere sussidi e sconti fiscali e hanno ottenuto un’autentica giungla di aiuti ed esenzioni. Proprio in quell’anno – l’anno della pandemia – alle imprese è andato il 48% dei 112 miliardi di euro messi in campo, pari a 53 miliardi, sotto forma di agevolazioni ed esenzioni fiscali, contributi a fondo perduto e garanzie pubbliche ai finanziamenti bancari. È difficile quantificare il Sussidistan delle imprese, ma le cifre viaggiano da un minimo di 20 miliardi l’anno a un massimo di quasi 70. Persino le imprese dannose per l’ambiente ogni anno ricevono dallo Stato una decina di miliardi di sussidi.
E tante si ingrassano grazie ad appalti, concessioni e convenzioni con il pubblico (nel campo dell’edilizia, dei rifiuti, dei trasporti, della sanità…). Ma da un’analisi del Cerved dello scorso anno emerge anche un altro dato interessante. Sulla base dei bilanci 2021 che sono gli ultimi disponibili, in Italia ci sono 23.262 imprese zombie, ovvero aziende che non sono in grado di operare secondo le normali condizioni di mercato perché fortemente indebitate e incapaci di ripagare gli interessi sul debito attraversi i propri utili, ma che vengono tenute “artificialmente” in vita tramite prestiti e sussidi.
Il numero è composto dalle 12.456 che non si sono risanate (ancora zombie) e da 10.806 new entry, per il 45,9% (10.675) finanziate dal Fondo di garanzia con 7 miliardi di euro a fronte di 20,4 miliardi di debiti finanziari iscritti a bilancio. Nel biennio 2020-21 a ricevere finanziamenti è stato il 28,8% (8.102) delle aziende considerate zombie nel 2019 e ben il 69,6% di esse (contro il 43,1% di quelle non finanziate) è riuscito a rimettersi in sesto grazie a 3,1 miliardi di euro di sovvenzioni. Tuttavia, il restante 30,4% è uscito dal mercato o è tuttora zombie, portando con sé 1,3 miliardi di finanziamenti andati perduti.