di Nerina Gatti
Dopo 23 anni riaffiorano i misteri del delitto del giudice Antonino Scopelliti. Perché la procura di Reggio Calabria ha riaperto un fascicolo che sembrava chiuso con l’assoluzione della Cupola di Cosa Nostra?
Quando fu ucciso, il sostituto procuratore generale in Cassazione, stava lavorando al rigetto dei ricorsi dei boss condannati nel maxiprocesso a Cosa Nostra tra cui Totò Riina, i fratelli Graviano e Bernardo Provenzano. Il destino vuole che a motivare il rinvio a giudizio dei boss per l’omicidio Scopelliti, fu il giudice Alberto Cisterna. Ancora lui. Quel magistrato a cui le dichiarazioni del pentito Nino “il nano” Lo Giudice, due anni fa, bloccarono la carriera. Un pentito che risulta irreperibile da settimane e che in un memoriale ritratta tutto e accusa “la cricca inquisitoria” di magistrati e investigatori di averlo forzato ad incolpare degli innocenti. Fortunatamente, però, le dichiarazioni del “nano”, per quel che riguarda Cisterna, non hanno mai trovato riscontri.
Le dichiarazioni del “nano”
Ma già nel 1993 Alberto Cisterna si dimostrava un giudice meticoloso e forse un pò fastidioso. Nel decreto Cisterna ricostruisce alcuni “dati certi” e afferma che: “Antonino Scopelliti si offrì volontariamente a sostenere (da solo) la pubblica accusa dinanzi alla Cassazione. Cosa lo abbia motivato è una delle incognite che il processo non ha disvelato.” Evidenzia come “di grande rilevanza” fosse il timore per la sua incolumità che il giudice dimostrava pochi giorni prima del suo omicidio. “Appare inquietante – continua Alberto Cisterna- come egli non abbia preso alcun serio accorgimento, affrontando ineluttabilmente il suo destino.”
Il panico
A confermarne lo stato “di vero panico” sono le dichiarazioni della sorella Antonietta, dell’ex moglie e di altre due amiche del giudice.
“Le causali del delitto in via esclusiva e/o concorrente – scrive Cisterna – sono da ricondurre al maxiprocesso alla Cupola”.
La ricostruzione della Procura
Ma più in là evidenzia come “vada precisato che la ricostruzione della procura non appare del tutto persuasiva nell’individuazione della causa dell’omicidio”. Secondo il giovane giudice “restava in ombra il sofisticato meccanismo per cui la morte del giudice avrebbe potuto influire sulla sorte del giudizio”. Ma quel che colpisce ancor di più è l’invito di Cisterna ad approfondire alcuni rapporti e conoscenze di Scopelliti: “Le pretese amicizie massoniche che il dr. Scopelliti avrebbe vantato, così come quelle con ambienti politici romani vicini alla corrente di Giulio Andreotti, con l’on. Fumagalli Carulli, il dr. Antonucci e l’on. Vitalone.”
Corrente che sarà colpita pochi mesi dopo proprio con l’uccisione di Salvo Lima, esponente andreottiano in Sicilia. Cisterna invita ad effettuare un attento conrollo su quei fatti: “laddove si abbia riguardo la comune causale dei due omicidi, destinati entrambi anche se con prospettive del tutto difformi, a realizzare le strategie di Cosa Nostra sul maxiprocesso in Cassazione.”
Le domande
Il magistrato Cisterna già 20 anni fa sollevava interrogativi importanti ed invitava a seguire le piste della politica che arrivavano a Giulio Andreotti. Si è sempre ritenuto che la ‘ndrangheta della cosca De Stefano abbia fatto il “favore” di eliminare il giudice su richiesta della Cupola siciliana. Ma come mai proprio ora, sulla base delle dichiarazioni del pentito Nino Fiume, vicino ai De Stefano, il pm reggino Giuseppe Lombardo ha riaperto quei faldoni impolverati?