Ad Amatrice si ricordano i quattro anni dal terremoto che ha colpito l’Italia centrale il 24 agosto 2016. Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ed il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. La notte scorsa nel Comune del Reatino si è tenuta la veglia di preghiera in memoria di quanti sono morti sotto le macerie di quel sisma. Sono stati pronunciati tutti i nomi delle vittime, accompagnati dal rintocco delle campane. Nessuna fiaccolata notturna, però, per via del coronavirus.
“Nella triste ricorrenza del quarto anno – ha scritto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – dal gravissimo terremoto che provocò nell’Italia Centrale più di trecento vittime e oltre quarantamila sfollati, desidero ancora una volta esprimere ai cittadini di Amatrice, Accumuli, Arquata, Pescara del Tronto e delle altre zone colpite, vicinanza e solidarietà”.
“Il pensiero che si rinnova va, anzitutto, alle vittime e ai loro familiari. E ai tanti – ha aggiunto il Capo dello Stato – che hanno perduto casa o lavoro – e spesso entrambi – in quella notte drammatica. Nonostante tanti sforzi impegnativi, l’opera di ricostruzione dei paesi distrutti – da quel sisma e da quelli che vi hanno fatto seguito in breve tempo- è incompiuta e procede con fatica, tra molte difficolta’ anche di natura burocratica. Nello spirito di solidarietà, fondamento della nostra Costituzione, la Repubblica – in tutte le sue istituzioni, territoriali e di settore – deve considerare prioritaria la sorte dei concittadini più sfortunati colpiti da calamità naturali, recuperando, a tutti i livelli, determinazione ed efficienza”.
“‘Da Nazareth – ha detto durante l’omelia il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili – può venire qualcosa di buono? Espressione proverbiale per dire che non ci si aspetta nulla. Verrebbe da dire: E da Amatrice può venire qualcosa di buono, a parte l’amatriciana? Niente di buono, visto che la ricostruzione è stata sin qui caratterizzata da una lentezza non più sostenibile, uso le parole del commissario Legnini di cui apprezzo l’onestà intellettuale e la voglia di imprimere una svolta. Niente di buono, visto che molti sono altrove e non torneranno”.
“Dalle terre mutate dal terremoto – ha aggiunto Pompili – può venire qualcosa di buono. A condizione che non si abbassi lo sguardo. E’ tempo di rialzare gli occhi, senza sudditanza e senza arroganza. Non vogliamo morire di aiuti. Vogliamo semmai vivere di risorse. Le nostre, in particolare: l’acqua, quella che disseta Roma; l’aria ancor più rarefatta e pura ai tempi del virus; la terra, una sterminata possibilità di vita”. Il vescovo di Rieti ha poi citato Giacomo Leopardi: “La vita debb’essere viva, cioè vera vita; o la morte la supera incomparabilmente di pregio'”.