Sembrava che il sabotaggio dei Nord Stream 1 e 2 fosse opera degli americani. Ora invece gli americani dicono che ad agire fu un misterioso “gruppo pro Ucraina”.
Armando Vanni
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Gentile lettore, la storia del “gruppo pro Ucraina” ha l’aria di una balla ciclopica costruita per depistare dalle vere responsabilità. È difficile dubitare che gli autori del sabotaggio furono gli americani. Alcuni leader europei lo sapevano fin da prima che avvenisse l’attacco. Il ministro degli esteri polacco pochi minuti dopo le esplosioni nel fondo marino twittò: “Grazie, Usa”. La premier britannica, Liz Truss, anche lei pochi attimi dopo le esplosioni, mandò un sms a Biden: “Fatto!”. L’sms fu intercettato dai servizi russi che spiavano il suo telefono e il governo inglese non ha mai smentito. Ora invece ci dicono che l’autore del grande attacco subacqueo fu un fantasioso “gruppo pro Ucraina”, che avrebbe agito senza informare Kiev. Che cos’è un “gruppo pro Ucraina”? Forse è un club di appassionati: ci sono appassionati dei fumetti di Diabolik, che la domenica si scambiano copie rare, e appassionati dell’Ucraina, che la domenica noleggiano una nave in Polonia e vanno a mettere cariche di dinamite sul fondo del Mar Baltico per far saltare tubi coperti da una camicia di cemento armato. Che sia una balla lo indica anche la concomitanza della pubblicazione: il New York Times, il Washington Post, il Times di Londra e due quotidiani tedeschi scoprono tutti nello stesso giorno che l’attentato fu opera di un “gruppo pro Ucraina” di cui non si era mai sentito parlare. Lo definirei un grosso abuso di credulità popolare.
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