Il primo a parlare dell’esigenza di modificare lo statuto siciliano è stato Nello Musumeci a La Notizia due giorni fa. A rilanciare poi l’idea il renzianissimo Davide Faraone in un’intervista rilasciata ieri a La Repubblica, nella quale ha parlato proprio di un referendum, da tenere dopo il voto regionale, che vada in direzione contrario rispetto a quelli di Veneto e Lombardia. “Non è detto che maggiore autonomia corrisponda per forza ad un migliore governo. Nella mia regione, per colpa dello Statuto tutte le riforme nazionali, di destra o di sinistra, o non sono state recepite o sono state applicate con i piedi”, ha detto il sottosegretario alla Salute. La prova, insomma, che l’autonomia non sempre sia garanzia di efficacia ed efficienza. E in questo la Sicilia è un esempio piuttosto eloquente. Specie in fatto di opere incompiute. I dati sono clamorosi.
Maglia nera – Mentre si continua a ritmi cadenzati a tirar fuori la storia del ponte di Messina (lo stesso Faraone, d’altronde, ha parlato di un referendum a riguardo), la Sicilia, secondo l’ultimo aggiornamento del ministero delle Infrastrutture, è in assoluto la regione col più alto numero di opere incompiute: al 31 dicembre 2016 ne conta 159, contro le 99 della Sardegna e le 87 della Puglia. Via via tutte le altre:
Fa sorridere allora, come ricordato, che lo stesso Faraone abbia lanciato l’idea per un secondo referendum: quello per la costruzione del fatidico ponte di Messina (tanto caro d’altronde al suo segretario oltreché a Berlusconi). Un’idea sballata considerando proprio la mole di opere infrastrutturali che attendono l’ultimazione in regione. Ma non è tutto. Perché uno degli aspetti più interessanti è che se confrontassimo i dati nazionali rispetto a quelli regionali notiamo un trend opposto: i primi, rispetto ai dati 2015, sono migliorati; i secondi invece miseramente peggiorati. Se infatti alla data del 31 dicembre 2016, si contano in Italia ben 752 opere incompiute rispetto alle 874 del 2015, in Sicilia siamo passati da 749 a 759. Con un aumento anche del costo dell’incompiuto: il valore complessivo è cresciuto da 433 a oltre 501 milioni di euro. Non solo: secondo i dati ministeriali, per ultimare le 159 opere siciliane, servirebbero oltre 256 milioni di euro. Insomma, un “cimitero” da oltre 750 milioni di euro.
Da Palermo a Catania – Ma non è tutto. Perché non è solo una questione di costi ma anche di opere che, a differenza del ponte, saranno meno appariscenti ma più funzionali. Come ricordato in una sua interrogazione da Riccardo Nuti – che non a caso ha chiesto al ministro Graziano Delrio “quali iniziative intenda intraprendere al fine di velocizzare il completamento delle opere” – nel lungo elenco troviamo, ad esempio, i lavori per il raddoppio della circonvallazione di Palermo, per un valore complessivo di 14,5 milioni di euro e un intervento completo solo al 13,76 per cento. E non mancano casi ancora più clamorosi vagando per l’isola. È diventata grottescamente famosa la storia di Giarre, piccolo paesino in provincia di Catania, capitale delle incompiute: dal campo di polo alla pista atletica al palazzetto dello sport. Prendiamo ancora il caso dei bagni di cura saunistica a Pantelleria. Sono costati mezzo milione e completati al 100 per cento, ma sono fermi. Il motivo? “I lavori di realizzazione, ultimati, non sono stati collaudati nel termine previsto — recita il report ministeriale – in quanto l’opera non risulta rispondente a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo”. Solo ora ci si è resi conto che l’opera non è “rispondente”. E i bagni restano lì: ultimati ma mai aperti al pubblico. Altrettanto clamoroso il caso della strada comunale esterna “Costa”: un asse viario ciclabile e pedonale che doveva fungere da collegamento tra i comuni di Castiglione di Sicilia e Linguaglossa, in provincia di Catania. È costata 22 milioni. Mancano lavori per 2 milioni e il collaudo resta un miraggio. Anche qui.
Tw: @CarmineGazzanni