di Lapo Mazzei
La “versione di Barney”, sorprendente romanzo dello scrittore canadese Mordecai Richler, raccontava la vita dell’ebreo canadese Barney Panofsky, scritta in forma di autobiografia. Richler ha sempre smentito che Barney fosse in qualche modo un suo alter ego, anche se esistono numerose analogie fra la vita dell’autore e quella raccontata nel suo romanzo. Per questa ragione quel romanzo divenne un best sellers. La “versione di Bisignani” con i suoi gustosi retroscena sul Palazzo, si avvia diventarlo. Con una bella differenza però. Quanto contenuto nel libro-intervista “L’uomo che sussurrava ai potenti”, scritto dal direttore di Lettera43, Paolo Madron, con Luigi Bisignani, (edito da Chiarelettere), è maledettamente vero. Tanto che le reazioni sembrano essere superiori alle azioni. Per dire. Narra una leggenda metropolitana, già motivo di gossip, che la repentina fuga di Daniela Santanché – grande amica di Bisignani e del suo entourage – dallo studio di Piazzapulita, il programma condotto da Corrado Formigli su La7 il lunedì sera, non fosse affatto legata ad un vertice improvviso del partito, ma ad una riunione operativa a palazzo Grazioli per elaborare la strategia con la quale affrontare le anticipazioni del libro di Bisignani e Madron. Sarà un caso ma la “versione di Bisi”, ieri, ha invaso siti e agenzie.
E sarà sempre un caso se l’unica reazione, almeno dal punto di vista ufficiale, al libro intervista è stata quella di Renato Schifani, ospite di Bruno Vespa a “Porta a Porta”: “Io mi occupo di politica e non di malaffare e non ho mai avuto il piacere di incontrare questo faccendiere”, sostiene l’ex presidente del Senato, “e la non veridicità delle sue parole è dimostrata dal fatto che io sono capogruppo del Pdl al Senato e Alfano è vicepremier”. Fine del racconto e inizio della storia. Quella di Bisi, ovviamente, che sfiora tutti e non risparmia nessuno. Per esempio, cosa accadeva nel Pdl nei mesi successivi la caduta del governo Monti e nelle settimane prima che Silvio Berlusconi decidesse di impegnarsi direttamente nella campagna elettorale? Bisignani, ex giornalista, faccendiere, condannato per la maxi-tangente Enimont e per l’affaire P4, vicinissimo al Cavaliere oltre a svelare i retroscena, raccontando che nel Pdl s’era formato un gruppo di “Giuda” pronti a far le scarpe a Silvio Berlusconi, fa anche nomi e cognomi. “‘Più che di tradimento vero e proprio parlerei di piccoli uomini creati da Berlusconi dal nulla e improvvisamente convinti di essere diventati superuomini”, racconta l’ex faccendiere prestato alla politica. Tra questi “il primo che mi viene in mente è Renato Schifani” che con Angelino Alfano “lavoravano alla costruzione di una nuova alleanza senza Berlusconi’’. L’elenco dei traditori, però, è lungo: Ignazio La Russa, Mantovano e Andrea Augello, il kingmaker della campagna elettorale di Gianni Alemanno. Tra le donne, invece, “la favorita di Angelino, Beatrice Lorenzin, premiata con il ministero della salute”. Ed è proprio contro Alfano che Bisignani fa scorrere il suo veleno: “Una volta incoronato, nell’estate del 2011, contro il parere di tanti, Alfano ha pensato soprattutto a costruire un monumento a se stesso”. Bisi svela che cercò la sponda di Casini “il quale in realtà lo ha sempre illuso. E non interrompendo mai un filo sotterraneo con Enrico Letta”. Incontri segreti, congiure di Palazzo, trame sotterranee grandi fughe e piccoli ritorni il contorno della versione di Bisi. Che non sono sfuggiti all’uomo che sussurrava (sussurrava o consigliava?) ai potenti. “La sua corte cercò di costruirsela incontrando parlamentari nella casa ai Parioli che Salvatore Ligresti gli aveva fatto avere in affitto.
E in più stringendo un asse con Roberto Maroni, che da ex potente ministro dell’Interno, dopo aver fatto fuori Umberto Bossi, preconizzava la morte civile del Cavaliere e l’investitura di Alfano come nuovo leader”. Con Alfano “e il fidatissimo Maurizio Lupi” lavorava “sodo al dopo Berlusconi anche l’arcivescovo Rino Fisichella”. Il giudizio sui Giuda di Bisi è lapidario: “Si montavano a vicenda, senza capire che, quando è ferito, Berlusconi da’ il meglio di se”. Del Cavaliere rivela anche che “ha corteggiato in tutti i modi” il sindaco di Firenze Matteo Renzi. “Nei sondaggi riservati”, spiega Bisignani, “Renzi volava, tanto che Berlusconi non si sarebbe mai ributtato nella mischia. Solo Bersani fece finta di non accorgersene, mobilitando tutto l’apparato del partito per batterlo alle primarie. E scavandosi così la fossa”. Per i servizi segreti, non solo italiani, ha sempre avuto una passione per cui nelle sue rivelazioni non poteva mancare anche questo capitolo e, in particolare, i contatti tra Beppe Grillo e gli agenti americani e la credibilità che questi ultimi danno al movimento nel rapporto del 2008 dell’ambasciatore Spogli: “La sua miscela fatta di spumeggiante umorismo, supportata da dati statistici e ricerche, fa di lui un credibile interlocutore per capire dal di fuori il sistema politico italiano”. Che assomiglia tanto alla versioni di Bisi. Non a caso, racconta l’ex faccendiere, Bisi avrebbe offerto ad Eugenio Scalfari diverse notizie quando era capo ufficio stampa del ministero del tesoro Gaetano Stammati. “Ogni volta che lo aiutavo a fare uno scoop”, ricorda, “mi mandava una bottiglia di champagne. Credo che fosse altrettanto con un’altra sua fonte, Luigi Zanda, portavoce di Francesco Cossiga, Al Viminale e poi alla presidenza del consiglio, con il quale credo abbia conservato una forte amicizia”. Infine sul direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, è più cauto: “Sempre compassato, dotato di una camaleontica capacita’ di infilarsi tra le pieghe del tuo discorso e di una grande dialettica, non sufficiente però a nascondere il fatto di non aver quasi mai un’opinione troppo discorde da quella dell’interlocutore: democristiano con i democristiani, giustizialista con i giustizialisti, statalista o liberista a seconda di chi ha davanti”. Altro che “è la stampa, bellezza”, E’ il potere che fa bella la stampa. O no? Per una risposta c’è sempre la Versione di Bisignani.