Con lo scandalo Qatargate, la corruzione è entrata ufficialmente nelle sacre sedi dell’Unione europea. Laura Ferrara, europarlamentare M5S, questa storia la sorprende?
“Che una organizzazione criminale fosse attiva all’interno del Parlamento europeo, al soldo di una potenza straniera, per condizionare il meccanismo decisionale europeo è un’accusa grave e inimmaginabile. Questo caso coinvolge il lavoro di colleghi, assistenti, funzionari, insomma tutta la macchina del Parlamento europeo che conosco ormai da otto anni e mezzo. Non mi sarei mai aspettata un malaffare così ramificato e sospendo il giudizio in attesa del lavoro delle autorità belghe. Le accuse sono gravi e vanno naturalmente verificate in un processo, ma a nostro avviso il Parlamento europeo dovrà costituirsi parte civile perché è tutta la democrazia europea a perdere dignità e onore”.
Secondo lei quali ripercussioni avrà questo caso di mazzette usate per condizionare il Parlamento europeo?
“Abbiamo fin da subito chiesto una risposta immediata. In parte è stata già offerta: la rimozione quasi all’unanimità della Vicepresidenza all’europarlamentare Eva Kaili è un segnale, un primo passo, ma dobbiamo lavorare seriamente per cambiare registro davvero. La richiesta, inserita nella risoluzione congiunta dei gruppi politici sul caso Qatargate, di sospendere tutti i file legislativi legati al Qatar è giusta e risponde al criterio di prudenza che è d’obbligo davanti al vergognoso sospetto di interferenze straniere sul lavoro del Parlamento europeo. Condividiamo anche la proposta di istituire una Vicepresidenza dedicata all’integrità e alla lotta alla corruzione. Infine, mi permetta…”.
Prego.
“Le ripercussioni di immagine sono quelle che mi spaventano di più. Fra 18 mesi si terranno le prossime elezioni europee. Questo scandalo corruzione vanifica e copre mediaticamente il grande lavoro fatto in questi anni su molti dossier, dal Recovery Fund allo stop alle auto inquinanti, dal salario minimo europeo alla velocizzazione dei cantieri per le infrastrutture rinnovabili”.
Che cosa dovrebbe fare l’Ue per salvare la faccia e per evitare che fatti simili possano ripetersi?
“Innanzitutto c’è stato il rinvio del provvedimento sull’esenzione dei visti per l’Ue a favore dei cittadini provenienti da Qatar e Kuwait, votato lo scorso 1 dicembre. Noi chiederemo che al Qatar non venga riservato nessun trattamento privilegiato. Come Movimento 5 Stelle chiediamo inoltre un registro obbligatorio di trasparenza per gli incontri degli europarlamentari con le lobby, un dibattito che si trascina da molto tempo e che ora è lasciato alla volontarietà dei singoli deputati. Questo registro va evidentemente esteso anche ai diplomatici stranieri”.
Dati alla mano, in Europa risultano accreditate ben 12.445 società di lobby. Per controllarle esiste il “Registro per la trasparenza” a cui lavorano appena nove persone. Come si spiega questa sproporzione tra controllori e controllati?
“In Europa sul tema della trasparenza qualcosa è stato fatto, in Italia invece siamo all’anno zero. Certo, l’ufficio che controlla il registro per la trasparenza è sottodimensionato, ma il punto non è quello di assumere più ispettori, ma di rendere le regole più stringenti. Oggi sono invece molto blande e non prevedono sanzioni. La nostra proposta è semplice: istituire un Comitato etico europeo che valuti in modo indipendente e imparziale eventuali conflitti di interesse. Ma questo potrebbe non bastare. Contro la corruzione bisogna inasprire le pene e sostenere il lavoro dei magistrati. Registro invece in Italia come nella prima manovra della Meloni si aumenti il tetto al contante e questo renderà vita facile a corrotti e corruttori”.
Ci dica la verità, crede che questo scandalo sia l’unico o teme che sia solo la punta dell’Iceberg?
“Sì, gira troppo denaro per essere legato esclusivamente a un discorso in plenaria accondiscendente. C’è di più sicuramente. Confidiamo nel lavoro della magistratura ma i gravi sospetti di corruzione dal Qatar riguardanti membri e assistenti del Parlamento europeo ha reso evidente la vulnerabilità delle Istituzioni europee alle ingerenze esterne. La concessione di denaro, regali e benefit provenienti da attori stranieri sembra essere una pratica diffusa per comprare la benevolenza di singoli soggetti, gruppi o intere forze politiche, e interferire nei processi democratici e decisionali. Chiediamo alla Commissione europea di presentare al più presto un pacchetto di proposte prevedendo, per esempio, uno specifico regime sanzionatorio e nuovi reati come l’ingerenza straniera dolosa per prevenire e contrastare le interferenze dei Paesi terzi”.
In un certo senso si può dire che abbiamo esportato la corruzione in Europa visto che i principali indagati sono italiani. Del resto si tratta di un fenomeno che conosciamo bene vista la sua diffusione nel nostro Paese. Proprio per questo il premier ha detto che il contrasto all’illegalità è una sua priorità. Come giudica i primi passi di Meloni su questa materia?
“No, trovo questa lettura stereotipata. La corruzione non è un ‘italian job’, d’altronde i soggetti coinvolti o sfiorati dall’inchiesta sono anche greci, belgi e lettoni. Al governo abbiamo lavorato molto per cambiare questo pregiudizio. Con lo Spazzacorrotti abbiamo scalato le classiche del ranking dell’indice di percezione stilato ogni anno da Transparency International, ma molto resta da fare e le premesse della Meloni non sono confortanti”.