Dopo 73 giorni di calma apparente, tornano a suonare le sirene d’allarme a Kiev a causa di un massiccio lancio di missili e droni da parte dell’aviazione di Vladimir Putin che, nel giro di poche ore, si sono abbattuti sulla capitale ucraina, causando incendi e feriti. Un blitz preoccupante, sintomo del rinnovato vigore russo, che sta intensificando la portata e l’entità dei propri attacchi, che l’amministrazione di Volodymyr Zelensky ha tentato di minimizzare, ma con poco successo. Il capo del Centro per la lotta alla disinformazione presso il Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina, Andriy Kovalenko, ha spiegato che il raid “non è stato massiccio”, aggiungendo che la contraerea avrebbe intercettato “gran parte dei missili in arrivo”.
Kovalenko ha inoltre dichiarato – probabilmente per fare pressioni sugli alleati affinché consegnino ulteriori armi all’Ucraina – che “è necessario ricordare che tutto è pronto per un attacco massiccio, poiché i russi hanno accumulato missili da crociera e continuano a farlo in vista del lungo inverno”. Tuttavia, per il sindaco di Kiev, Vitaliy Klychko, il raid non è stato così blando come ha provato a farlo sembrare Kovalenko: “Nella capitale, a causa di un attacco missilistico nemico, ci sono state forti esplosioni”, ha affermato, aggiungendo che “gli occupanti russi hanno lanciato razzi, droni kamikaze e bombe aeree in un nuovo attacco aereo su vasta scala sul territorio dell’Ucraina”.
L’irritazione del Pentagono dopo le critiche di Kiev per l’attacco di Putin
Quel che è certo è che il Pentagono sembra aver colto il velato rimprovero dell’amministrazione di Zelensky riguardo ai presunti ritardi nelle forniture militari e ha risposto affermando che gli Stati Uniti hanno consegnato l’83% delle munizioni, il 67% delle difese aeree e il 60% delle armi promesse all’Ucraina.
Secondo il portavoce del Pentagono, generale Pat Ryder: “Dall’adozione della legge complementare, abbiamo consegnato centinaia di migliaia di proiettili di artiglieria, migliaia di veicoli corazzati, migliaia di munizioni per Himars e armi anticarro, decine di sistemi di artiglieria e significative capacità di difesa aerea, compresa una batteria Patriot, centinaia di intercettori e decine di altri sistemi”, spiegando che le attrezzature, per un valore complessivo di 3,7 miliardi di dollari, sono state prelevate dalle scorte del ministero della Difesa nel quadro delle 12 autorizzazioni presidenziali annunciate tra la fine di aprile e metà ottobre dal presidente uscente Joe Biden.
Quest’ultimo, temendo un possibile disimpegno americano con l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, sta facendo quanto può per garantire il supporto a Kiev. A conferma degli sforzi del democratico, il ministero delle Finanze di Kiev ha comunicato di aver ricevuto una sovvenzione di 1,35 miliardi di dollari dagli Stati Uniti, destinata all’acquisto di armi e al finanziamento delle spese sociali e umanitarie prioritarie del bilancio statale.
L’appello di Rutte (Nato) a Trump per non sospendere il supporto all’Ucraina
Parallelamente alle azioni di Biden, anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, si sta impegnando a far comprendere a Trump l’importanza del supporto americano alla resistenza dell’Ucraina davanti all’invasione di Putin. Durante un incontro con il segretario di Stato uscente, Antony Blinken, Rutte ha inviato un messaggio al tycoon, affermando che “grazie alla leadership americana, l’Ucraina ha prevalso e la Russia non ha vinto, e ovviamente dobbiamo fare di più per assicurarci che l’Ucraina possa continuare a lottare, arretrando il più possibile le forze russe e impedendo a Putin di ottenere un successo definitivo in Ucraina”.
Un invito che difficilmente riuscirà a far cambiare idea a Trump, convinto che gli Stati Uniti debbano disimpegnarsi dal conflitto, lasciando che se ne occupi l’Ucraina con, al massimo, il supporto dell’Unione Europea.