Un “cattivo presagio” o, peggio, “una minaccia”. Così sono da leggere, secondo la capodelegazione al Parlamento europeo M5S Tiziana Beghin, le parole che Vladimir Putin avrebbe pronunciato al telefono con Emmanuel Macron annunciandogli che non farà passi indietro in Ucraina (leggi l’articolo).
Sono frasi che fanno rabbrividire e lasciano spiazzati…
Putin sta voltando le spalle all’appello di 141 Paesi del mondo che hanno votato una risoluzione all’Assemblea dell’Onu chiedendo il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina. Putin è diplomaticamente isolato, solo quattro Paesi sostengono le sue azioni e probabilmente questa retorica cosi aggressiva serve a coprire i suoi fallimenti. Intanto, accogliamo favorevolmente l’intesa raggiunta ieri sulla creazione di corridoi umanitari con un cessate il fuoco temporaneo. L’Italia è pronta ad accogliere tutti i rifugiati che vorranno venire nel nostro Paese. In particolare, siamo molto preoccupati per le sorti di mezzo milione di bambini che secondo un rapporto Unicef sono rifugiati, ma molti altri sono ancora sotto le bombe. Dal 24 febbraio 17 bambini sono stati uccisi e 30 sono stati feriti.
C’è la possibilità che i Paesi europei entrino in guerra?
Mi sento di escludere questo scenario apocalittico. L’Unione europea è nata per far prosperare la pace e per superare ogni incomprensione con il dialogo e la diplomazia. La guerra non è nel nostro dna, ma allo stesso tempo assicuriamo unità e determinazione qualora uno dei Paesi europei venisse attaccato.
In questo clima che cosa potrebbe accadere se l’Ucraina entrasse in Ue?
Non è una ipotesi sul campo adesso. Lo stesso Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha detto che non è in agenda. Al Parlamento europeo abbiamo approvato una risoluzione che chiede di concedere all’Ucraina lo status di Paese candidato all’Unione Europea. Pensiamo che questo sia sicuramente un gesto di grande vicinanza e solidarietà verso il popolo ucraino. La priorità adesso è la pace.
Non crede che con queste dichiarazioni di guerra le negoziazioni rischiano di essere inutili?
Il rischio c’è ma è un dovere continuare a parlarsi. Io sono convinta che la fratellanza storica fra russi e ucraini non venga scalfita dalla follia di Putin. Lo abbiamo visto dalle immagini che arrivano dal fronte di guerra. I soldati russi catturati vengono rifocillati, chiamano i loro familiari, familiarizzano con gli ucraini. I negoziati devono andare avanti fino al raggiungimento di un accordo che preveda il ritiro delle truppe russe, il rispetto della democrazia e delle minoranze e l’integrità del territorio ucraino. Bene che ci sarà un terzo incontro fra le parti.
In questa fase determinante potrebbe essere il ruolo dell’Ue. Qual è il suo giudizio a riguardo?
L’Unione europea sta facendo molto. I tre pacchetti di sanzioni presi finora sono le più ampie nella storia europea e colpiscono al cuore il sistema degli oligarchi che ha pompato la macchina da guerra e della propaganda del Cremlino. Molte aziende stanno lasciando il Paese, la Borsa di Mosca è chiusa da una settimana e il rublo è crollato. Sul fronte dell’accoglienza dei rifugiati abbiamo risposto con grande umanità e solidarietà attivando per la prima volta la direttiva per concedere protezione temporanea. L’accordo è storico perché anche Paesi da sempre reticenti a condividere le responsabilità come Ungheria e Polonia hanno votato a favore.
Martedì a Bruxelles proporrete l’Energy Fund. Perché crede sia fondamentale?
Perché serve uno scatto di reni sul tema dell’indipendenza energetica. La guerra obbliga l’Unione europea a ricalibrare i suoi piani energetici così da puntare a un phase out dal gas russo nel più breve tempo possibile. La bozza sulla nuova azione europea contro il caro bollette va nella giusta direzione perché prevede l’embrione di un Energy compact, una accelerazione di investimenti in energia rinnovabile e pulita che per noi deve essere basata su una emissione di debito comune. Servono uno stoccaggio comune europeo, nuove linee guida sugli aiuti di stato, ma anche l’inserimento del Superbonus fra le politiche che meritano questi nuovi finanziamenti europei. Il risparmio energetico è una precondizione per quella autonomia energetica e strategica a cui l’Europa aspira.