“Può la vita di un operaio valere 20 crediti?”. Parla Giordano, ex capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro

Per il magistrato Giordano, da Brandizzo non abbiamo imparato niente. E sulla patente a punti: "Sicurezza solo sulla carta".

“Può la vita di un operaio valere 20 crediti?”. Parla Giordano, ex capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro

“La vita di un lavoratore può essere valutata 20 crediti…?”. C’è molta amarezza nel tono della voce di Bruno Giordano, magistrato, già Capo dell’ispettorato nazionale del lavoro. Lo raggiungiamo il giorno nel quale l’ennesimo operaio, Attilio Franzini, 47 anni, è morto investito da un treno, mentre lavorava per una ditta appaltatrice esterna di Rfi, sulla linea Bologna-Venezia. Un incidente – che tragicamente accade a un anno da quello di Brandizzo, dove morirono cinque operai – arrivato nelle prime pagine dei giornali, ma solo perché ha fermato la circolazione dei treni, inguaiando ulteriormente il ministro Matteo Salvini. Altrimenti Attilio Franzini sarebbe stato solo uno dei tanti morti sul lavoro.

Dottor Giordano, a un anno da Brandizzo ci troviamo di nuovo al punto di partenza sulla sicurezza?
“Il nuovo incidente mortale di San Giorgio in Piano ci conferma tristemente che la strage di Brandizzo non ha insegnato nulla… Ma la situazione non poteva migliorare”.

Perché?
“Dopo Brandizzo abbiamo avuto grandi aspettative per un intervento risolutivo per la sicurezza nei cantieri. Ma poi è arrivata la strage del supermercato di Firenze, poi quella di Casteldacia (5 morti, ndr). Ci avevano annunciato questa patente a punti come un’idea geniale e risolutiva. Che invece si è risolta in una enorme movimentazione cartacea, cioè un’autocertificazione, una Pec, da inviare all’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Parliamo di oltre 830mila imprese e lavoratori autonomi… Pec che nessuno controllerà mai. Perché per controllare 830mila imprese ci vorrebbero 10 anni!”.

A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, possiamo parlare di un primo passo…, no?
“È solo la conferma che in questo Paese fare veramente degli interventi amministrativi e normativi in materia di sicurezza è impossibile, perché non c’è il coraggio di toccare i nervi scoperti dei cantieri edili che sono gli appalti e i sub-appalti”.

A morire sono sempre gli operai degli appalti e dei subappalti. Questo non evidenza un problema nella scelta dei fornitori, anche da parte di importanti società pubbliche?
“Il tema vi è in tutti i cantieri edili, navali, stradali, ferroviari… Bisogna avere il coraggio di toccare il sub-appalto rendendolo sinonimo di sicurezza, non strumento di elusione delle norme sulla sicurezza. Perché il subappalto viene utilizzato per aggirare i costi della sicurezza, per scaricarli verso il basso su un’impresa più piccola. Costi che vengono compressi sulla pelle dei lavoratori”.

In un mondo ideale, società riconducibili allo Stato non dovrebbero ricorrere ai subappalti al massimo ribasso…
“Non solo le società pubbliche, ma tutti i committenti, a prescindere dalla loro natura giuridica. Ricordiamoci che Brandizzo, Suviana, Firenze, Casteldaccia hanno tutti committenti importanti: Ferrovie, Esselunga, Enel, Comune di Palermo… Non sono committenti sprovvisti di capacità economiche o organizzative. Non è rilevante tanto la partecipazione pubblica, quanto che si tratta di soggetti economicamente forti che possono permettersi appalti e sub-appalti tenendo ferma la barra della sicurezza”.

Torniamo alla patente a punti: doveva essere la panacea, un intervento forte del governo contro la strage quotidiana di lavoratori. È così, funziona?
“Lo abbiamo sperato tutti. Economisti, giuristi, aziendalisti, sindacalisti, operai, imprese stesse… Purtroppo questa idea si è rivelata una sicurezza di carta. Un invio di un’autocertificazione che è volta a ricevere un altro documento che si chiama “patente”. È stata costruita aumentando il limite dei crediti fino a 100, con la possibilità di decurtarne 20 per ogni operaio deceduto. Poteva essere una buona idea se fosse stata concepita come certificazione anticipata della qualità di un imprenditore che vuole iniziare a fare lavori edili, non il contrario, cioè una sanzione che potrebbe arrivare… E comunque rimane sullo sfondo un tema amaro di carattere etico: può la vita di un uomo essere valutata in crediti…? Non poteva esserci una diversa valutazione di chi va a lavorare e non torna a casa? Non si tratta di una tessera a punti di un supermercato. Si tratta della vita di persone e famiglie. Oggi abbiamo una legge che definisce la vita umana dei “crediti”, cioè si perde un credito se uccidiamo un operaio. Credo che sia un oltraggio all’etica, al diritto e alla vita stessa”.