La bocciatura della Manovra e il conseguente avvio della procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia? “Una forma di avvertimento nei confronti degli altri Paesi”. In pratica, una sorta di riproposizione del detto “punirne uno per educarne cento”. O, meglio 28. Tanti quanti sono i Paesi dell’Unione europea. A dirlo è l’economista Antonio Maria Rinaldi. “Credo che la Commissione Ue abbia voluto procedere ad una forma di punizione affinché gli altri intendano”.
Tuttavia siamo noi adesso ad un passo dalla procedura d’infrazione.
“Era scontato. Quello che salta agli occhi è che la Commissione ha avviato una procedura mai avviata prima. Stiamo parlando di una regola del 2013 che “punisce” l’eccesso di deficit perché implica un incremento del debito”.
Sapevamo, però, che c’era il rischio di andare incontro a questo.
“Sappiamo altrettanto bene cosa sia accaduto con gli altri Paesi negli anni passati che si sono comportati in maniera simile: niente. Non si capisce perché si siano svegliati solo con l’Italia”.
Lei che idea si è fatto?
“Esattamente quanto dicevo prima: è più che lecito pensare che se gli altri Paesi adottassero le stesse strategie italiane, dunque contravvenendo alle regole dell’austerity, sarebbe di fatto una sorta di sconfitta per la stessa Commissione. E quindi hanno ritenuto opportuno agire con la mazza ferrata con l’Italia”.
Da Bruxelles, però, continuano a ripetere che questa Manovra farà crescere il debito. Come mai?
“È alquanto paradossale che la previsione del debito si basa su una presunzione, dato che ovviamente non si è ancora verificata. È quanto loro presumono in base ai calcoli che hanno fatto loro. Il che risulta particolarmente bizzarro: io ti punisco preventivamente perché io ritengo che questa tua Manovra non porterà crescita. È una presunzione basata su convinzioni che hanno i tecnici europei. E sappiamo bene che in passato tutte le previsioni formulate dalla Commissione europea si sono poi ex post rivelate completamente sballate, Grecia docet”.
Non le pare strano che Juncker abbia rinviato l’incontro con Conte a sabato, di fatto dopo la decisione della Commissione?
“Juncker si è fatto completamente latitante. In uno spirito collaborativo non mi pare il massimo, ecco”.
Ora cosa succede?
“La procedura ha delle tempistiche estremamente lunghe. Il problema è che bisogna inserire il tutto in un’ottica di mercati piuttosto turbolenti: a livello globale, e in particolare nell’Eurozona, c’è un ritracciamento a ribasso dei tassi di crescita e questo potrà comportare nel prossimo futuro situazioni analoghe a quella italiana. E infatti mi meraviglio che Paesi che sono sulla lama del rasoio, in particolare la Francia, potrebbero trovarsi nella situazione di dover sforare il famoso tetto del 3%. A quel punto sarei curioso di sapere il comportamento di questi Paesi oggi così intransigenti con l’Italia. A meno che non passi il solito ritornello junckeriano secondo cui “la Francia è la Francia””.
A proposito di Francia, che ne pensa dell’idea franco-tedesca di tagliare i fondi a chi non rispetta le regole?
“Sono gli ultimi colpi di coda. Macron è precipitato in maniera drammatica nei sondaggi, la signora Merkel non è che stia riscontrando enormi successi elettorali. Il fatto che questi due Paesi vogliano oggi proporre qualcosa di così forte e vincolante, mi pare folle”.
C’è il rischio che all’Italia vengano davvero tagliati i fondi europei?
“Va ricordato che l’Italia è un contributore netto per le casse Ue. Dunque il nostro Paese si troverebbe nella situazione in cui non solo le viene chiesto di dare di più rispetto a quello che incassa, ma addirittura di smettere totalmente di poter incassare. Ripeto: mi sembra una follia”.
Cosa deve fare il Governo ora?
“Andare avanti. Il deficit al 2,4% è il minimo sindacale per poter realizzare quanto il Governo ha dichiarato. Anche perché così si potrebbe dimostrare il fallimento delle teorie dei cultori dell’austerity, teorie che hanno di fatto creato solo disastri”.