Pugno di ferro e affari, Trump si prende l’America

Pugno di ferro e affari, Trump si prende l’America

L’impero ritorna, o almeno è questa l’idea. Donald Trump non si limita a vincere le elezioni, vuole costruire un’amministrazione che suoni come un grido di guerra, come un sigillo che promette tempi cupi. A guardare i volti, i nomi e i trascorsi di chi sta selezionando per i ruoli più alti del governo, sembra che l’ex presidente non si accontenti di tornare sulla poltrona della Casa Bianca: vuole ridefinire il potere americano come una fortezza impietosa, governata da un élite di falchi e attivisti dalle vedute suprematiste se non addirittura xenofobe. 

Perché questo è il nuovo mantra dell’amministrazione: l’efficienza, ma alla maniera di Elon Musk. È lui, il miliardario dai proclami altisonanti, che Trump mette a capo del Dipartimento per l’Efficienza, un nome che suona quasi ironico se pensiamo alle battaglie con la giustizia e alle accuse di conflitto d’interessi che circondano il suo impero. Musk, con Vivek Ramaswamy, dovrebbe sfoltire la giungla di regolamentazioni che, secondo Trump, ha messo in ginocchio l’America. Musk, che si è schierato più volte contro politiche pro-migranti, è l’alleato ideale di un presidente pronto a tagliare con l’accetta ogni vincolo, ogni norma che sembri frenare il “progresso”, una parola che nel loro vocabolario significa solo affari e profitti.

L’efficienza secondo Trump: Musk e Ramaswamy contro ogni regolamento

La selezione non sorprende: l’amministrazione Trump II è popolata di fedelissimi e di falchi. Kristi Noem, governatrice del South Dakota e figura amata dalla destra più dura, prende la Sicurezza Interna. Con una carriera costellata di posizioni controverse – è celebre la sua decisione di sparare al suo stesso cane “perché non ubbidiva” – Noem sembra la scelta perfetta per un presidente che vuole l’America dura, spietata, priva di empatia. È l’alfiere ideale di una politica che vede nei migranti un nemico da respingere, nelle frontiere una trincea da blindare.

E poi c’è Pete Hegseth, il volto della propaganda a stelle e strisce su Fox News, nominato al Pentagono. Un anchorman con un passato da militare, il suo sguardo è tutto rivolto all’interno, al culto dell’America First, a una politica estera fatta di minacce, muri e sospetti. Sotto di lui, il Pentagono non sarà un organo di difesa: diventerà uno strumento di pressione, di retorica e di spada sguainata contro chiunque non si allinei.

Altri volti conosciuti: Stephen Miller, già ideatore delle politiche migratorie più rigide e divisive dell’era Trump, torna come Vice capo di gabinetto. È Miller che orchestrò la famigerata politica della “tolleranza zero” contro i migranti, quella che strappava i figli dalle braccia dei genitori al confine. Per Miller, la sicurezza americana non è solo una questione di difesa, è una guerra senza tregua contro chi non appartiene a questa terra. E Trump, evidentemente, lo vuole di nuovo sul campo di battaglia.

Falchi e fedelissimi: la nuova guardia della Casa Bianca

Ma l’ombra più inquietante si staglia con la nomina di Marco Rubio a Segretario di Stato. Il senatore della Florida ha le mani pronte a stringere alleanze con i regimi più discutibili, ma sempre a favore dell’imperativo suprematista di chi considera l’America come una roccaforte da difendere a ogni costo, anche a scapito dei diritti umani e della dignità. Rubio, che a ogni crisi internazionale reagisce con dichiarazioni che trasudano nazionalismo, sarà il volto di una politica estera implacabile, per nulla incline alla mediazione.

In mezzo a tutto questo, troviamo un’idea che Trump non fa nulla per nascondere: la sua seconda amministrazione non sarà una democrazia liberale, sarà una macchina efficiente, senza ostacoli morali, senza freni né mezze misure. I suoi uomini e donne, dai miliardari agli ideologi, sono lì per un solo motivo: smantellare quel che resta della tolleranza e dell’inclusività nella burocrazia americana. Li ha scelti perché sono volti che hanno dimostrato fedeltà cieca, e perché, nei rispettivi ruoli, rappresentano un’ideologia precisa e violenta.

Trump, alla fine, non è solo un uomo che ha riconquistato la presidenza, è il regista di un film distopico che, questa volta, ha deciso di mettere in scena non nei confini della fantasia ma in quelli della realtà americana. E la sua realtà, adesso, è una squadra di fedelissimi pronti a trasformare ogni dissenso in un’onta da estirpare, ogni diritto in un beneficio revocabile. Con queste nomine, la storia americana non si limita a ripetere il proprio passato oscuro: lo riporta in vita, con una nuova veste e volti che, come spettri, promettono di rimanere impressi nella memoria collettiva.