“Indulto e amnistia non portano da nessuna parte, bisogna investire nel sistema penitenziario”. Il sottosegretario alla Giustizia, Vittorio Ferraresi, non ha dubbi.
Nelle carceri italiane i detenuti sono in rivolta. Protestano per le limitazioni ai colloqui con i familiari e per il timore di infettarsi. Com’è adesso la situazione?
“Al momento, dopo le proteste e le rivolte, la situazione è rientrata in praticamente tutti gli istituti ed è sotto controllo, grazie soprattutto alla Polizia Penitenziaria e a tutti gli appartenenti all’amministrazione penitenziaria, alle forze dell’ordine e alla magistratura”.
C’è chi sospetta che dietro le sommosse simultanee ci sia una regia comune. È un’ipotesi plausibile?
“Diciamo che avere seimila detenuti che, quasi contemporaneamente e in tutta Italia, hanno dato luogo a proteste e rivolte violente, qualche dubbio lo crea. In più abbiamo visto associazioni sollecitare, incentivare e inneggiare alle rivolte quindi è un’ipotesi assolutamente plausibile. Per questo alcune situazioni sono sotto la lente della magistratura”.
L’opposizione invoca misure drastiche. Salvini chiede “il pugno di ferro”. È la soluzione per placare gli animi?
“Il pugno di ferro lo si doveva usare nelle assunzioni che in questi decenni sono venute meno per via dei mancati investimenti dei governi di cui la Lega ha fatto parte negli scorsi decenni. In questo momento è chiaro che deve essere mantenuta la fermezza rispetto ad episodi violenti inaccettabili. Ci siamo mossi per garantire la salute dei detenuti e dei loro cari. In previsione della sospensione dei colloqui nei penitenziari, abbiamo permesso più telefonate e predisposto colloqui audiovisivi. Abbiamo fatto tutto il possibile per evitare i contagi e stiamo predisponendo tamponi per tenere la situazione sotto controllo. La gran parte dei detenuti ci sono venuti incontro, capendo il momento del Paese, altri evidentemente no, e hanno posto in essere violenze e atti criminali a cui lo Stato deve opporsi con fermezza ”.
C’è chi punta il dito contro il sovraffollamento carcerario. C’è un nesso di causalità con le recenti rivolte?
“Si tratta di un problema atavico che deriva da decenni di incuria in termini di edilizia penitenziaria, di assunzione del personale e di politiche rieducative. Noi siamo intervenuti subito su questi tre punti ma la situazione che ci siamo trovati davanti non è buona. Tuttavia non credo che queste rivolte siano dovute al solo problema del sovraffollamento”.
Intanto detenuti e avvocati invocano indulti di massa per svuotare le carceri. Il ministro Bonafede ha risposto No. Condivide la linea del Guardasigilli?
“Certo che la condivido. Come abbiamo visto negli anni precedenti, indulto e amnistia non portano da nessuna parte. Bisogna migliorare le condizioni di vita all’interno degli istituti, avere più posti detentivi, potenziare la possibilità di lavorare all’interno e all’esterno dei penitenziari e assumere agenti di polizia penitenziaria. Al momento abbiamo già finanziati ed in parte assunto più di 2.500 agenti e presto ne arriveranno altri, oltre a più di 200 milioni di euro investiti per l’edilizia penitenziaria”.
Ma c’è chi chiede le dimissioni del ministro e del capo del Dap…
“In questo momento di emergenza, questi sono comportamenti da irresponsabili e da sciacalli. Non accettiamo che chi ha creato queste problematiche ora ci venga a puntare il dito contro. Ci aspettiamo responsabilità per un momento non facile per l’intero Paese dovuto all’emergenza Corona virus e a queste rivolte, ma che può essere superato se restiamo uniti”.