Le Lettere

Pronto, parla La Russa

La magistratura non può sequestrare il telefono del figlio di La Russa, Leonardo Apache, indagato per stupro, perché la sim è intestata al padre senatore. È l’arroganza del potere: a noi i sacrifici, a loro i benefici.
Emma Taurini
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Gentile lettrice, se si fosse trattato di mio figlio o suo figlio, il telefono lo avrebbero sequestrato in un minuto, ci può giurare. Ma guarda caso la sim del ragazzo è intestata al padre che è, per legge, intoccabile. Non è chiaro se il divieto di sequestro riguardi solo la sim o anche l’apparecchio telefonico in sé, che potrebbe contenere dati utili alle indagini. Ma scommetterei che, all’occorrenza, il Presidente del Senato potrebbe affermare che anche l’apparecchio è suo e quindi insequestrabile. L’episodio farà scuola: d’ora in poi tutti i deputati e senatori intesteranno a sé stessi le sim dei figli, a scanso di guai per la prole. Non c’è modo di cambiare un reticolo di privilegi inscalfibili. Veda il ripristino dei mega vitalizi al Senato (e a proposito, giovedì scorso alla Camera hanno votato l’aumento dello stipendio dei capigruppo parlamentari, “a costo zero per gli italiani” dicono: 2.226 euro lordi in più al mese, pari a 1.269 netti, utili certamente per comprare il caviale ed evitare che ne facciano incetta i percettori di Reddito di cittadinanza). Ma per tornare al telefono di La Russa Leonardo, pardon Ignazio, la cosa più divertente che ho letto è il commento di un lettore diRepubblica: “Il Presidente del Senato è un gentiluomo, non ha nulla da nascondere. Vedrete che consegnerà spontaneamente la sim”. Al che un altro lettore gli risponde: “Sì, la darà alla Santanchè”.

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