di Clemente Pistilli
Centro di orrore in un cerchio di bellezza”. Il patriota e letterato Sigismondo Castromediano, nell’Ottocento, definì così il carcere di Terra Murata, a Procida, dove era stato rinchiuso dai Borboni. Chiusa la struttura ormai un quarto di secolo fa e avviato dal Comune il progetto per trasformarla in albergo di lusso e centro culturale, ovvio che chi vive in quello che è ora solo un angolo di paradiso non ci pensa proprio a fare fagotto.
Il Ministero della giustizia, ricordatosi dopo venticinque anni di chiedere indietro gli alloggi alle ex guardie carcerarie, si è così visto rispondere picche e il Tar di Napoli ha ora dato ragione agli ex secondini: sono lì da cinquanta anni e possono restarci. In un Paese dai tanti privilegi è difficile perderne qualcuno a distanza di tanto tempo. Le guardie della ex casa di reclusione dell’isola ottennero degli appartamenti in concessione in via Castello. Vista splendida sul golfo di Napoli, ma all’epoca vita dura nell’isola di Arturo. Terra Murata era ritenuta una delle prigioni peggiori d’Italia. In quelle celle sono passati oppositori borbonici, patrioti come Luigi Settembrini, gerarchi fascisti come il Maresciallo d’Italia, Rodolfo Graziani, esponenti dei Nuclei armati proletari e delle Brigate Rosse, e boss della camorra, come Raffaele Cutolo. Poi, nel 1988, il carcere ha chiuso i battenti e sono iniziati i progetti sul futuro della struttura, andati ora in porto con un accordo tra Soprintendenza, Agenzia del Demanio e Comune, per trasformare il complesso in hotel da 500 posti letto e polo culturale. Le ex guardie di Terra Murata e le vedove di alcuni secondini, lasciati tranquillamente per venticinque anni, dopo la chiusura della casa di reclusione, negli alloggi di via Castello loro concessi per servizio, ora però non ci pensano proprio a sloggiare.
La Direzione della casa circondariale di Poggioreale soltanto nell’aprile scorso ha notificato agli occupanti un provvedimento di revoca della concessione d’uso. Ex guardie ormai in pensione e vedove di quest’ultime hanno fatto ricorso al Tar di Napoli, che due giorni fa ha dato loro ragione, annullando gli atti impugnati. Il motivo?
I secondini non sono stati interpellati prima della revoca e in tali casi, quando il tempo trascorso è tanto da parte di chi occupa un’abitazione, lo Stato deve fare una comparazione “tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità e gli interessi dei destinatari del provvedimento”.