Processo Open Arms: a Palermo la Lega c’è, ma la piazza resta deserta

Pochi sostenitori in piazza per la manifestazione pro-Salvini, mentre l'aula vede l'arringa difensiva di Bongiorno sul processo Open Arms.

Processo Open Arms: a Palermo la Lega c’è, ma la piazza resta deserta

A Palermo la difesa di Matteo Salvini ha assunto i contorni di una messinscena senza spettatori. Piazza Politeama, che avrebbe dovuto accogliere una folla di sostenitori, si è presentata desolata: 200 persone a malapena, per lo più parlamentari e ministri della Lega, riuniti per difendere il loro leader dalle accuse di sequestro di persona nel processo Open Arms. Pochi volti noti, bandiere timide, e slogan che, più che infiammare gli animi, sembravano eco di un’epoca in cui il consenso di Salvini riempiva le piazze davvero.

Open Arms, la difesa in aula e l’arringa di Bongiorno

Nell’aula bunker del carcere Pagliarelli, a pochi chilometri, si giocava una partita diversa. Giulia Bongiorno, legale di Salvini, si è prodigata in un’arringa che ha cercato di spostare l’attenzione dal suo assistito alla condotta della nave spagnola Open Arms. Secondo la difesa la Ong avrebbe avuto “innumerevoli, innumerevoli” opportunità per far sbarcare i migranti soccorsi ma avrebbe preferito restare al largo delle coste italiane, rifiutando porti alternativi come quelli spagnoli. Bongiorno ha parlato di un soccorso che non sarebbe stato casuale, suggerendo che Open Arms avesse ricevuto indicazioni precise per “pendolare” vicino a Lampedusa, in attesa di un “appuntamento” con il barcone di migranti.

Mentre l’arringa della difesa veniva trasmessa in diretta dagli altoparlanti piazzati in una piazza più spoglia che mai i ministri presenti tentavano di colmare il vuoto con dichiarazioni di circostanza. Roberto Calderoli ha ribadito che la difesa dei confini italiani è un “dovere sacro”, e che Salvini avrebbe dovuto essere premiato, non processato. Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione, ha giustificato la sua presenza affermando che, in quanto “cittadino libero”, ritiene giusto manifestare la sua solidarietà a Salvini. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è stato meno loquace: arrivato con i parlamentari leghisti, si è subito defilato in un bar, parlando al telefono lontano dagli sguardi dei cronisti e del pubblico.

Il processo Open Arms, uno dei capitoli più controversi della politica migratoria italiana, ha visto la Procura di Palermo chiedere sei anni di carcere per l’ex ministro dell’Interno, accusato di aver trattenuto illegalmente 147 migranti a bordo della nave spagnola per giorni, negando l’autorizzazione allo sbarco. La vicenda risale all’agosto 2019, quando Salvini, allora al governo, bloccò l’accesso ai porti italiani, lasciando i migranti in condizioni sempre più critiche. Alla fine fu la procura di Agrigento, attraverso un’ispezione a bordo, a rilevare l’urgenza sanitaria e a ordinare lo sbarco immediato. Salvini, tuttavia, ha sempre rivendicato la sua decisione come necessaria per la difesa dei confini italiani, trasformando la questione in una battaglia politica.

Una piazza spoglia e assenze rumorose

Oggi, quel fronte si è ridotto a una piazza semivuota. I parlamentari della Lega, riuniti in piccoli capannelli, indossavano magliette con la scritta “Colpevole” per ironizzare sulle accuse mosse al loro leader. Ma l’ironia non sembra aver risuonato come avrebbero sperato. Le immagini della piazza, quasi spoglia hanno fatto da contrappunto alle parole altisonanti che rimbalzavano dagli altoparlanti. “Matteo-Matteo”, intonano i presenti, ma il coro sembra spento, quasi soffocato dall’assenza di quella massa di sostenitori che, in altri tempi, avrebbe gremito le strade.

Intanto, fuori dai confini italiani, il premier ungherese Viktor Orbán ha inviato un messaggio di sostegno a Salvini, definendolo un “eroe” per aver difeso l’Europa dall’immigrazione incontrollata. Parole che fanno eco a un altro clima politico, quello dei sovranisti europei che vedono nella gestione dei migranti un campo di battaglia cruciale. Ma se l’eco di Orbán arriva fino a Palermo lo stesso non si può dire della piazza, dove le bandiere sono poche e gli slogan suonano stanchi.

Le tensioni non sono mancate: un alterco tra un cittadino e un militante leghista ha animato per un momento la scena. “Volete buttare a mare i disperati”, ha urlato il passante, mentre il militante ha replicato accusando l’opposizione di “sfruttare i migranti per lucrare voti”. Lo scontro si è presto placato, lasciando spazio a un presidio che ha faticato a riempire i vuoti.

La giornata si è conclusa con i ministri e parlamentari leghisti che, dopo le consuete dichiarazioni di rito, hanno abbandonato la piazza. Salvini, dal canto suo, ha affidato ai social il suo commento: “Qui, a testa alta, senza paura, per l’Italia e gli italiani”. Ma le immagini di Palermo raccontano un’altra storia. La difesa di Salvini si è trasformata in una prova di fedeltà per pochi, mentre il processo continua portando con sé le ombre di una stagione politica che sembra ormai lontana.