Il primo test sarà il G7 di Borgo Ignazia, anche se utile solo per tastare il polso e capire qual è la situazione. Poi la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, inizierà una vera e propria operazione di convincimento in Ue, forte della sua vittoria elettorale alle europee, unica tra i capi di governo dei big continentali. Meloni, rinfrancata dal voto, vuole far pesare il suo successo su due fronti: le nomine a Bruxelles e la trattativa su procedura d’infrazione e manovra.
Sul primo punto a beneficiarne potrebbe essere la presidente uscente della Commissione, Ursula von der Leyen, con cui la presidente del Consiglio ha stretto un buon rapporto da quando è a Palazzo Chigi. La speranza del governo italiano è di ottenere una delega importante all’interno della prossima Commissione e in questo von der Leyen potrebbe essere una buona alleata, in cambio del suo sostegno a un secondo mandato.
Do ut des
Poi, però, ci sono le questioni economiche. Forse ancora più complesse. A partire dalla posizione di oggi: l’alto deficit italiano porterà all’apertura di una procedura d’infrazione, come annunciato anche dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E da subito il governo dovrà pensare anche alle risorse per la prossima manovra: per confermare misure che non possono essere cancellate, come il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote Irpef, serviranno circa 20 miliardi. Almeno.
Mercoledì 19 giugno la Commissione presenterà il rapporto sui Paesi con un rapporto tra deficit e Pil superiore al 3%. E quello italiano è il più alto, superando il 7%. L’esecutivo comunitario dovrà fornire la traiettoria tecnica per il rientro dei conti pubblici italiani nei prossimi anni, con una correzione attesa da almeno 10 miliardi l’anno. Qui, però, potrebbe entrare in gioco il risultato elettorale di Meloni. La speranza di Giorgetti è che una Commissione e una presidente in cerca di conferma siano particolarmente magnanimi, tanto più con un governo che arriva alle trattative sui prossimi vertici Ue forte di un ottimo risultato elettorale, il migliore tra i big. Insomma, per sostenere von der Leyen, Meloni potrebbe anche chiedere qualche concessione in più sui conti pubblici.
A rischio non c’è solo la manovra
La questione è tanto più delicata se pensiamo a tutte le misure in bilico. In primis quelle annunciate in campagna elettorale dal governo. Il bonus tredicesima, per esempio, che arriverà in realtà solo nel 2025 con l’Epifania: servono 100 milioni che oggi non ci sono per dare 100 euro lordi a un milione di lavoratori. C’è la Social card da 500 euro, su cui è tutto incerto sia per i fondi che per le convenzioni. Ma a settembre, almeno in teoria, i soldi dovrebbero arrivare.
Poi c’è il capitolo pensioni, con il governo che a oggi non sa neanche come rinnovare la Quota 103 con penalizzazioni che scade a fine anno. Qualcosa, per evitare di cancellare ogni anticipo pensionistico, deve essere fatta per il 2025. Poi ci sono altre partite in bilico con l’Ue, come quella dei balneari: il governo punta a fermare le gare imposte dalla direttiva Bolkestein europea. E la proroga e le mappature sono già state bocciate dall’Ue. Tante partite su cui il dialogo con Bruxelles potrebbe diventare meno aspro grazie al successo elettorale di Meloni e alla voglia di riconferma di von der Leyen.