Quelle case popolari, oltre ad essere abusive, erano anche costruite male. Talmente male che non avrebbero potuto sopportare un sisma, anche di magnitudo inferiore a quello che il 24 agosto 2016 rase al suolo Amatrice. Dunque il crollo delle due palazzine ex Iacp di piazza Augusto Sagnotti, che quella notte ad Amatrice causò la morte di 18 inquilini su 21, non fu causato solo dal sisma che colpì l’Italia centrale, ma anche, e soprattutto, dall’incuria dell’uomo.
LA PRIMA SENTENZA. E’ quanto ha concluso oggi il giudice monocratico del Tribunale di Rieti, Carlo Sabatini, condannando, a complessivi 36 anni di carcere, tutti e 5 gli imputati del primo processo nato dalle inchieste sul terremoto condotte dalla Procura di Rieti. Le due palazzine, secondo i periti che analizzarono le macerie, crollarono a pancake, cioè un solaio sopra l’altro, perché erano state edificate utilizzando pilastri troppo sottili, armature esigue e calcestruzzo a bassa resistenza. Ma anche perché chi le aveva costruite, con soldi pubblici, tra il 1973 e il 1977, violò le norme antisismiche e chi doveva verificare il loro rispetto – i tecnici del Genio civile e del Comune di Amatrice – non controllò.
Il tribunale ha così condannato, per omicidio colposo plurimo, crollo colposo, disastro e lesioni, Ottaviano Boni (9 anni), all’epoca direttore tecnico dell’impresa costruttrice, la Sogeap; Luigi Serafini, amministratore unico della stessa impresa (8 anni); Franco Aleandri, allora presidente dello Iacp (7 anni); Maurizio Scacchi, geometra della Regione Lazio-Genio Civile (5 anni); Corrado Tilesi, ex assessore del Comune di Amatrice (7 anni). Tutti gli imputati, insieme ai responsabili civili (Ater, Regione Lazio e il Comune Amatrice), dovranno risarcire le parti civili, con somme che andranno stabilite in sede civile, ma intanto con provvisionali, per ciascun familiare, che vanno da circa 20mila euro a quasi 400mila.
IL PM IN LACRIME. “Lo dissi già 4 anni fa, dopo i primi accertamenti, che quegli edifici di edilizia popolare sarebbero crollati con qualsiasi sisma si fosse verificato ad Amatrice, perché erano stati progettati e costruiti in violazione delle norme previste per le costruzioni in zona sismica e perché i funzionari pubblici che avrebbero dovuto vigilare sulla loro realizzazione non lo fecero” ha commentato all’Ansa il pm Rocco Gustavo Maruotti, in lacrime al momento della lettura della sentenza. “Resta il rammarico – ha aggiunto il magistrato che ha condotto le indagini e sostenuto l’accusa in aula – per i 18 morti che si potevano e dovevano evitare. Spero solo che questa sentenza serva a riconciliare i cittadini di Amatrice con quello Stato che 30 anni fa li ha traditi con condotte scellerate”.
I FAMILIARI. Soddisfatto il legale dei familiari delle vittime, Wania Della Vigna: “E’ stata scritta una pagina importante. Giustizia è stata fatta perché è stato dimostrato che le vittime non sono morte per un fatto naturale, come può essere un terremoto, ma per precise responsabilità umane”. “E’ stata fatta giustizia – ha aggiunto il legale – per intere famiglie sterminate quella notte. Quelle palazzine crollarono come castelli di carte senza lasciare scampo a chi le abitava, tra l’altro ignorando che fossero completamente abusive. Costruite con i soldi pubblici e in totale difformità al progetto iniziale, senza autorizzazione sismica del Genio civile e senza certificazione di abitabilità del Comune di Amatrice”.