di Stefano Sansonetti
In un momento come questo avrà numerose gatte da pelare. Ma tra le tante questioni spinose il nuovo ministro dell’economia, Fabrizio Saccomanni, dovrà maneggiare quella dello scontro che sta andando in scena tra alcune società controllate dal suo dicastero. E non è roba di poco conto. Al centro della scena c’è la Cassa depositi e prestiti, la società controllata all’80% dal Tesoro e al 20% dalle fondazioni bancarie che gestisce 233 miliardi di risparmio postale degli italiani. Ebbene, la Cassa, ai cui vertici sono stati appena confermati il presidente Franco Bassanini e l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini, nei mesi scorsi ha letteralmente preso di mira le disponibilità liquide di Fintecna e Sace, ovvero altre due società del Tesoro che recentemente sono state acquisite proprio dalla Cdp. Qualche giorno fa, però, le pressioni esercitate hanno avuto un primo effetto. Fintecna, infatti, si sta apprestando a trasferire alla Cassa la bellezza di 500 milioni di euro, di cui 100 di dividendi e 400 di liquidità.
La partita in gioco
Per carità, la società di Gorno Tempini adesso controlla Sace e Fintecna. Ragion per cui è comprensibile che i vertici vogliano esercitare i poteri acquisiti in virtù della recente incorporazione. Ma le operazioni in corso sono tutt’altro che fluide. Fintecna, sulla cui tolda di comando c’è l’ad Massimo Varazzani, è la ex finanziaria del Tesoro che vanta partecipazioni pesanti in Fincantieri e in Fintecna Immobiliare. Nel suo bilancio 2012 c’è un invidiabile “tesoretto”. Le disponbilità liquide, tanto per dirne una, sono arrivate a 1 miliardo e 300 milioni di euro. La cifra sale a 2,7 miliardi di euro se si comprendono anche i titoli e le obbligazioni in portafoglio. Sace è invece un gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’assicurazione del credito, nella protezione degli investimenti e nel factoring. Il consiglio di amministrazione della società, sin qui guidato dall’ad Alessandro Castellano, è scaduto pochi giorni fa e adesso si attendono le mosse dell’azionista. Ma il fatto che conta è che dentro Sace ci sono “gioielli” per la bellezza di 7 miliardi e 600 milioni di euro. In questo caso non si tratta tanto i liquidità, quanto di investimenti, il 75% dei quali in titoli di stato italiani ed esteri. In più ci sono riserve tecniche per 2,6 miliardi. Insomma, anche il gruppo assicurativo è entrato nel mirino delle pretese della Cassa, anche se potrebbe opporre una ragione “pesante” per resistere. Essendo un gruppo bancario-assicurativo, infatti, la Sace è obbligata a vincolare ingenti risorse proprio come riserve tecniche. Ma quanto potrebbe durare questo “muro”, soprattutto ora che il cda va verso un rinnovo? Al momento, filtra da ambienti Sace, una formale richiesta da parte di Cdp non c’è stata. Ma per nessuno è un mistero che la Cassa abbia i suoi interessi e voglia tramutarli in tentativi.
I problemi di Cdp
Del resto la società presieduta da Bassanini ha un problema di non poco conto, più volte segnalato dalla stessa Banca d’Italia. A fronte di partecipazioni per più di 30 miliardi di euro, tra le quali spiccano le quotate Eni, Snam e Terna, il patrimonio netto è di “soli” 16,8 miliardi. Una situazione di squilibrio patrimoniale che non verrebbe lasciata passare a nessun’altra banca. Per questo la Banca d’Italia, da cui viene il nuovo ministro dell’economia che ne è stato direttore generale, ha chiesto più volte alla Cdp di trovare una soluzione. Per questo la Cassa sta puntando ai gioielli delle controllate per farli transitare nel suo bilancio e riequilibrare la situazione.