Rappresentato per ben 204 volte nel capoluogo lombardo, e andato in scena con decine di versioni e allestimenti diversi, il “Don Carlo” di Verdi si presenta come la scelta più coraggiosa per Dominique Meyer, il sovrintendente della Scala in attesa di rinnovo. Un rischio condiviso con il direttore musicale Riccardo Chailly, che con la regia di Lluís Pasqual proporrà stasera un’edizione filologica del dramma, sulla base di una rilettura dei manoscritti verdiani. Ad incantare il pubblico due stelle della lirica a livello internazionale: Francesco Meli nel ruolo del protagonista e Anna Netrebko in quello di Elisabetta di Valois.
Alla Prima della Scala attese le solite contestazioni anche in assenza del Capo dello Stato e della premier
Già l’esordio, con l’assenza sia del Capo dello Stato che del Presidente del Consiglio – come non accadeva dal 2017 a una Prima – mettono sotto tiro quest’opera e i loro protagonisti, che portano il “Don Carlo” per la nona volta sul palco dello storico tempio della musica. “Sarà un Don Carlo innovativo e mai visto; ogni volta che lo studio scopro qualcosa di nuovo” ha detto il maestro Chailly, che seguirà l’originale tragedia scritta da Friedrich Schiller, promettendo di mettere in evidenza lo straordinario impegno degli artisti e degli artigiani che operano nei laboratori del Massimo.
La Prima della Scala, con il suo corollario di sfilate di esponenti politici e vip, quest’anno si annuncia colorita anche all’esterno del Teatro. A parte la temperatura rigida arrivata da pochi giorni, l’aria è di nuove contestazioni. Niente a che vedere con le proteste cominciate negli anni ‘60 e l’eterna contrapposizione tra classi sociali: da una parte l’aristocrazia e dall’altra operai e studenti. Il disagio a Milano sta crescendo di mese in mese e non serve evocare l’eccidio dei braccianti di Avola, come fece nel ‘68 Mario Capanna, per rendere stridente la sfilata di limousine, pellicce e smoking. A incombere, inoltre, è lo strappo tra due ataviche fazioni di appassionati dell’opera: i “palchisti” e i “loggionisti”. Un clima da derby con cui proprio Chailly ha dovuto fare i conti nel 2017 quando dai loggioni gli contestarono a suon di “buuuh” l’opera firmata dalla regia di Gabriele Salvatores. Ai fischi di una parte replicarono gli applausi dell’altra, che cercarono di soffocare i versi dei loggionisti.
Anche il Don Carlo può diventare innovativo. Sul palco un’edizione filologica dell’opera. Frutto di una rilettura di Verdi
Terminò invece senza particolari incidenti la serata dello scorso anno. Per l’occasione, una rappresentanza dei lavoratori del Teatro – due per sigla sindacale – consegnò al Presidente Sergio Mattarella una lettera in cui si sottolineava la preoccupazione per i tagli alla cultura. Preoccupazioni più che fondate, come abbiamo visto, ma che quest’anno non potranno essere nuovamente recapitate brevi manu, vista l’assenza del Capo dello Stato. Un brutto segnale in più, semmai ne mancassero, per la continuità dei sostegni pubblici al mondo della cultura.