Il governo aiuta ancora le banche, le banche però non aiutano le aziende. Solo nell’ultimo anno i prestiti degli istituti finanziari alle piccole e medie imprese, infatti, sono crollati di cinquanta miliardi, nonostante l’aumento di tre miliardi dei finanziamenti a medio termine. A pesare sul cosiddetto credit crunch, cioè sulla contrazione dei prestiti, è la diminuzione di oltre ventimiliardi dei finanziamenti a breve e di trentuno miliardi di quelli di lungo periodo. Così il Centro studi Unimpresa torna a puntare il dito contro il sistema del credito italiano rilevando che bisogna rivedere i criteri con i quali le banche assegnano i finanziamenti. “Gli attuali parametri, che sono il risultato di un lungo e farraginoso processo di regolamentazione, che ha prodotto restrizioni eccessive per gli istituti bancari, vanno rivisti profondamente. Un primo sforzo, a nostro avviso, dovrebbe arrivare da chi è dentro il sistema finanziario.
Non solo numeri – Si tratta di valutare le richieste di prestiti, specie da parte delle aziende, entrando nel merito dei progetti presentati ed evitando di portare in delibera, domande di credito sulla base dei semplici dati di bilancio. Informazioni, quelle contabili, che certamente non vanno né possono essere ignorate, ma vanno valutate in un mix più ampio” ha spiegato il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. Insomma, per le imprese la stretta delle banche non si ferma. Non si contano più le aziende costrette ad abbassare per sempre le saracinesche perché travolte dal peso insopportabile del fisco e dalla quasi indifferenza del governo. E il peggio, purtroppo, deve ancora venire. La situazione rischia infatti di peggiorare ancora quando, il prossimo anno, l’Iva passerà dal 22 al 25 per cento. Sempre secondo il rapporto dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, è calato anche il totale dei prestiti al settore privato passando dai quasi 1.400 miliardi di dicembre 2016 ai 1.300 di dicembre 2017. Aumentano invece in controtendenza di cinque miliardi i prestiti alle famiglie, passati da 624 miliardi a 629.
Politica monetaria – A crescere è stato soprattutto il credito al consumo, cioè il denaro concesso per acquistare elettrodomestici, automobili, televisori e smartphone, che è passato da 86 miliardi a 94. In aumento anche i mutui saliti da 368 miliardi a 375. Calano invece i prestiti personali, scesi di dieci miliardi. Diminuiscono le rate non pagate dalle aziende, che scendono a 116,8 miliardi e calano anche i crediti deteriorati riconducibili alle famiglie e alle imprese familiari. Alle banche italiane non è certo mancato il sostegno della Banca centrale europea che ha progressivamente incrementato le erogazioni di liquidità, peraltro a tassi bassissimi se non addirittura negativi. Eppure per Unioncamere non è bastato, visto che le operazioni di politica monetaria non hanno consentito al motore del credito di ripartire. E dunque alle piccole e medie imprese di poter contare sui prestiti erogati dagli istituti.