Più che un Aventino, quello della maggioranza sulle nomine dei vertici Rai sembra ormai il Monte Everest. Anche ieri, per la terza volta consecutiva, in Commissione di Vigilanza, convocata per votare il presidente del Cda di viale Mazzini, non è stato raggiunto il numero legale.
La maggioranza ha infatti disertato in massa il voto sulla ratifica di Simona Agnes. Presenti solo le opposizioni, in particolare Dolores Bevilacqua (M5S), Annamaria Furlan, Stefano Graziano e Ouidad Bakkali (Pd), Dafne Musolino e Maria Elena Boschi di Italia Viva. Così, alla presidente della Vigilanza, Barbara Floridia, non è rimasto che riconvocare la seduta per mercoledì prossimo.
Il terzo rinvio per la melina dal centrodestra
Continua dunque lo stillicidio di rinvii, uno stallo dovuto a quei voti mancanti della minoranza che la maggioranza spera di ottenere (in particolare dal Movimento cinque stelle), ma che non riesce a raggiungere. Quindi, nell’attesa di un colpo di scena, il centrodestra fa saltare le sedute.
Una battaglia tutta politica senza precedenti e che sta paralizzando l’attività dell’organo di vertice del servizio pubblico nell’era di TeleMeloni.
Il dem Graziano: “Chiediamo ai presidenti di Camera e Senato di intervenire”
“Per la terza volta consecutiva la maggioranza non si presenta in aula nella Vigilanza a votare il parere per il presidente della Rai. È la prima volta che accade una cosa del genere”, ha attaccato Graziano, “Si blocca la Vigilanza per obbligare qualcuno della minoranza a votare la presidenza designata dalla maggioranza. Ma la legge prevede un quorum per eleggere la presidenza. È un fatto gravissimo, chiediamo ai presidenti di Camera e Senato di intervenire”. “L’Aventino dell’opposizione è un fatto politico, ma l’Aventino della maggioranza segnala il blocco dell’istituzione parlamentare, perché non ci fanno fare nemmeno le audizioni”, aggiunge.
Il contrattacco di Gasparri: “Colpa vostra”
“La sinistra continua a girare la frittata”, la risposta del senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia (il partito che ha indicato Agnes come presidente e che, essendo propaggine della famiglia Berlusconi, ha il maggior interesse a raggiungere i piani alti del Servizio pubblico), “Sono loro che boicottano la vita della Rai e la funzionalità della Vigilanza. Pretendendo di trasformare la minoranza in maggioranza”.
Non pago ha spiegato: “Chiedono convocazioni che poi disertano e vorrebbero che la maggioranza facesse da convitato di pietra. Noi siamo molto seri e responsabili e assistiamo con tristezza a questo festival della bugia”.
Natale: “La Rai non può reggere questo clima, serve una riforma”
“La Rai ha estremo bisogno che si arrivi a una legge di riforma condivisa, perché non regge in questo clima di scontro continuo”, ha dichiarato sempre ieri il consigliere Rai, Roberto Natale. “Gli Stati Generali hanno riportato attenzione sul tema della riforma della Rai”, ha sottolineato, “è bene che il servizio pubblico abbia un rapporto forte con la politica, purché avvenga, come chiede il Media Freedom Act, in un contesto di autonomia e indipendenza”.
Anche su questo Gasparri ha voluto dire la sua: “Non ci sarà mai una fondazione proprietaria della Rai. È inutile che ne parlino. Quelli che enunciano questo principio non hanno mai spiegato chi gestirebbe questa fondazione, chi ne farebbe parte. È la solita sinistra che deve mettere i suoi amici in un finto strumento. La proprietà pubblica della Rai è una garanzia per tutti. L’editore è il Parlamento, come ha scritto la Corte costituzionale. L’ipotesi della fondazione non esiste e non esisterà mai”.
Ennesima protesta a RaiNews, stavolta per l’intervista a Conte
Infine, da registrare la nuova protesta del Cdr di RaiNews, resa nota dall’Usigrai, per l’intervista di oltre cinque minuti fatta dalla vicedirettore della testata Cristina Prezioso (“indicata dai quotidiani in quota 5 Stelle”, scrive il sindacato) al presidente Giuseppe Conte sulla Costituente M5s.
Per i giornalisti è intollerabile che “non (sia stata fatta, ndr) una domanda a Conte sull’esito delle elezioni, all’indomani del voto in Umbria e Emilia-Romagna. Una pratica da rigettare quella delle ‘Quote politiche’ alle quali le giornaliste e i giornalisti del Servizio Pubblico devono sempre sottrarsi”, aggiunge l’Usigrai, “un problema che è invece lungi dal risolversi”.