La vicenda è ormai nota a tutti, vista la mole di giornali, riviste e televisioni che ne parlano: la preside del liceo Montale di Roma, di cui conosciamo non solo aspetto siccome le sue foto sono finiti in ogni dove, ma anche nome e cognome, sarebbe accusata di aver avuto una relazione con un suo alunno maggiorenne. Sui giornali sono stati pubblicati dettagli di ogni tipo, chat comprese. ll termine utilizzato in questi giorni è proprio quello: “accusata”.
Peccato però che pochi abbiano fatto notare che non c’è alcuna accusa non essendoci alcun reato da contestare essendo entrambi i soggetti coinvolti maggiorenni. Ed è, questo dettaglio, rappresentazione plastica della distorsione dell’informazione a cui in casi come questi si va incontro.
Negli ultimi giorni si sono pubblicate, come detto, le chat dei due “amanti” con titoli roboanti e scandalosi. Tanto basta per imbastirci una storia da romanzo di bassa lega, sbattendo la preside in prima pagina, con tutti i dettagli del caso. Compreso, come detto, nome e cognome.
Nessuno si è interrogato, nessuno ha notato che non ci sono reati di mezzo, che le commissioni competenti devono ancora svolgere il loro lavoro. No, nulla di tutto questo. L’unica cosa che interessava a gran parte di stampa e televisioni era rispondere al desiderio morboso e offrire dunque dettagli inutili in pasto ai telespettatori.
Devastata la reputazione della Preside liceo Montale di Roma
C’è un dettaglio, infatti, che più di tutti fa comprendere la follia del raccono mediatico. E sono proprio le chat: si sono creati dibatttiti, salotti televisivi, ragionamenti pro e contro. E alla fine abbiamo saputo che probabilmente quelle stesse chat – a quanto pare frutto di screenshot inviati ai giornalisti senza però i nomi di destinatari e mittenti, e dunque non si sa a chi appartengano – sono manipolate. Il dubbio, in altre parole, è che forse neanche sono parole attribuibili alla preside la cui reputazione intanto è devastata.
Il femminismo finisce sotto i piedi
Ovviamente in questa sede non si vuole difendere nessuno. Sarà solo la commissione scolastica a capire se ci sono o no responsabilità. E in quel caso si capirà se la preside andrà incontro a un’ammenda, a una sospensione o a un licenziamento. Quello su cui però già ci si può interrogare è il ruolo dei media in vicende di questo tipo.
Ben prima del tempo, si è fatto di tutto per devastare una donna. E a farlo sono state anche colleghe, giornaliste, inviate. Di giornali altisonanti che spesso e volentieri si ammantano pure di femminismo. Ecco, in questo caso è stato tutto messo sotto i piedi. C’è un esempio che rende chiara questa totale diversità di trattamento.
Qualche mese fa in Calabria, precisamente a Castrolibero (Cosenza) è scoppiato uno scandalo: un docente si sarebbe reso responsabile di molestie nei confronti di alcune studentesse della scuola. In sintesi, chiedeva foto intime in cambio di buoni voti. Ecco, il docente oggi è anche accusato di molestie sessuali. C’è un reato contestato e un’indagine in corso. Tutt’altra cosa rispetto alla vicenda del Montale. Eppure di lui non conosciamo nome, cognome, volto. Nulla di nulla.
Com’è giusto che sia in un Paese democratico in cui vice la privacy e nel quale nessuno è colpevole – anche di reati orrendi come questi – fino a sentenza. E allora bisognerebbe chiedersi perché della preside sappiamo tutto. Senza che ci sia non solo un’inchiesta ma anche un reato da contestare. Probabilmente ci risponderemmo tra anni. Quando la vita di una donna è ormai bella che compromessa.