L’analisi post-elettorale di Matteo Renzi si è fermata a pochi punti (sei) molto chiari. Da “i sovranisti hanno straperso” fino a “Conte funziona per la bolla dei social, ma nelle urne il suo effetto sulle amministrative è stato più negativo che neutro, come si vede da Milano fino al più piccolo dei comuni”. E a proposito di piccoli comuni, l’ex premier ha tessuto le lodi del suo partito: “Il risultato di Italia Viva è incredibilmente superiore alle nostre aspettative – ha scritto sui social – Eleggiamo sindaci iscritti al partito in tutta Italia, siamo determinanti in moltissimi comuni, abbiamo un numero impressionante di consiglieri e assessori”.
Frasi che lasciano pensare: ma quali erano le aspettative, allora? Già, perché i sindaci renziani eletti – con tutto il dovuto rispetto del caso – certamente non sono di centri urbani determinanti per le politiche nazionali. O, almeno, non si direbbe. Eppure due giorni fa, una volta cominciato lo spoglio, gli account social di Italia Viva sono impazziti. “Complimenti a Valerio Ferrari riconfermato sindaco a Terzorio (IM)!”, si è letto a un certo punto. Tra le (ben poche) vittorie che i renziani possono vantare nella tornata di amministrative, quella nel minuscolo paesino dell’imperiese – 189 elettori – è la più straordinaria: perché il 29enne Ferrari Valerio, sindaco uscente, correva da solo. Ed è stato riconfermato per mancanza di avversari, grazie ai 124 voti guadagnati dalla sua lista civica “Nui tersurin”.
L’affluenza, bisogna concederlo, è stata di tutto rispetto: 138 votanti, il 73,2% degli aventi diritto. E il nuovo-vecchio sindaco dovrà anche fare i conti con un consistente dissenso, espresso nelle urne con otto schede bianche e sei nulle, come raccontava ieri primo fra tutti Il Fatto Quotidiano. Attenzione, però: che non si faccia della facile ironia. Perché ci sono anche altri comuni per cui i renziani hanno esultato. Italia viva ha dedicato non solo due tweet all’impresa di Terzorio, ma altrettanti a quella di Castelvenere (2.172 elettori ai confini del parco del Matese, tra Benevento e Caserta) dove Alessandro Di Santo, 64 anni, anche lui già sindaco in passato, è stato rieletto sullo scranno di palazzo Municipale con un plebiscito: la sua lista “Insieme Castelvenere” ha preso l’89,26%, 1.346 voti, relegando l’opposizione (nella persona di Mario Moccia, lista “Dialogo per Castelvenere”), al 10,74%, appena 162 schede e tre seggi in consiglio comunale.
Un risultato non da poco, celebrato anch’esso dal partito con un tweet “istituzionale” (“Complimenti ad Alessandro Di Santo eletto sindaco a Castelvenere (BN) con l’89% dei voti”). Finita qui? Ma certo che no. Poi c’è Rignano Flaminio, 7.637 elettori in provincia di Roma. Qui la sfida è stata più dura e forse anche per questo più sentita: Vincenzo Marcorelli, 44 anni, giornalista pubblicista, con la lista #SiamoRignano l’ha spuntata col 57,94% (2.681 voti) su Letizia Esposito, lista “Rignano Futura”.
BOOM ELETTORALE. Ma il vero successone porta la firma di Minturno (Latina): qui gli elettori erano ben 20.138. Insomma, una città con tutti i crismi, che avrebbe potuto persino andare al ballottaggio, ma non ce n’è stato bisogno: il renziano Gerardo Stefanelli, sindaco uscente, ha ottenuto quasi il 61% dei voti. Un successone per il partito: ma tra i simboli a suo sostegno, sulla scheda, c’è il Pd (il suo ex partito) e varie civiche, ma non Italia viva. Un caso? Non proprio. Neanche nelle grandi città compare espressamente il simbolo Iv. La ragione? Qualcuno direbbe paura dei risultati. Non Renzi. Per cui Iv è stata “determinante”.