Dopo mesi di tira e molla, la riforma del processo penale e della prescrizione approda in Consiglio dei ministri. In giornata il pacchetto di proposte del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, dovrebbe essere discusso per poi venire politicamente blindato, almeno secondo le previsioni più ottimistiche. Ma che le cose potrebbero non finire così lo si capisce dalle fibrillazioni che in queste ore attraversano la maggioranza con i 5 Stelle che sembrano pronti a fare le barricate contro il testo che, contrariamente a quanto si diceva inizialmente, si è sempre più distanziato dalla proposta dell’ex guardasigilli Alfonso Bonafede.
In particolare a creare mal di pancia, come emerge dalle parole del presidente M5S della Commissione Giustizia Mario Perantoni, è soprattutto la proposta sulla prescrizione con “il Movimento che valuterà senza preclusioni, in modo costruttivo e propositivo, qualsiasi integrazione che garantisca lo spirito e gli obiettivi della norma Bonafede, che deve restare ferma. Un processo deve sempre concludersi, in tempi ragionevoli, con una sentenza definitiva di merito contro ogni impunità. È un principio importante dello Stato di diritto e della civile convivenza”.
Parole che hanno reso chiaro a tutti, già nel pomeriggio di ieri, di quanto fosse ancora necessaria una mediazione per sminare la discussione in Cdm ed evitare una clamorosa spaccatura con tanto di voto contrario del M5S. Fantapolitica? Probabilmente no perché al momento, secondo quanto trapela, l’orientamento sarebbe quello di andare in direzione di una prescrizione processuale, ossia legata ai tempi del processo e non ai tipi di reato, con alcuni correttivi. In altre parole se non si completa l’appello entro due anni o la Cassazione in un anno, l’intero processo sarà annullato. Una soluzione che gran parte dei grillini ritengono inaccettabile se non addirittura uno smacco verso quella che è una loro battaglia storica.
LA RIVOLUZIONE. Che la situazione sia tesa lo si è capito anche dal fatto che la cabina di regia, inizialmente prevista per ieri pomeriggio, alla fine è stata annullata. Quel che è certo è che la riforma del processo penale messa a punto dalla Guardasigilli si appresta a sancire, oltre al ritorno parziale della prescrizione, il reset della durata delle indagini preliminari, il contingentamento della obbligatorietà dell’azione penale e l’incentivo al ricorso ai riti alternativi. Riguardo alle indagini si va verso l’introduzione di termini stretti che saranno controllati dal giudice per le indagini preliminari che concederà sei mesi dalla data in cui la persona viene iscritta nel registro delle notizie di reato.
Diciotto, invece, i mesi concessi per i delitti più gravi e complessi. Riguardo alle proroghe, il pubblico ministero potrà chiederne una sola, non superiore a sei mesi, e solo nei casi più complicati. Decorsi i tempi il giudice potrà chiedere al pm di prendere le sue decisioni sul destino del fascicolo, chiedendo il rinvio a giudizio o archiviando. Con la riforma verrà anche rivoluzionata l’azione penale che non sarà più a totale discrezione delle procure perché sarà il Parlamento, con un potere di indirizzo, a stabilire le priorità sulle quale concentrarsi. Se verranno confermate le indiscrezioni, verrà ribaltato il criterio del rinvio a giudizio, per cui si va a processo solo se le prove sono tali da giustificare una prognosi di condanna, e non solo idonei a sostenere un giudizio. Per sfoltire l’accumulo di procedimenti, inoltre, verranno incentivati i patteggiamenti anche per i reati più gravi.